Non è un film diretto da James “Avatar” Cameron, ma solo prodotto dall’abile regista. Questo Sanctum 3D condivide però le riprese stereoscopiche prodotte con la telecamera usata per il fortunato Avatar.
Nel film un gruppo di speleologi vuole visitare una delle ultime grotte rimaste inesplorate. Ma la grotta esplorerà loro in modo tragico. Ispirato ad una storia vera.
E’ curiosa l’uscita in sala di Sanctum 3D: sul poster campeggia (come al solito quando ci sono grandi registi impegnati a produrre film) l’informazione fuorviante che la pellicola sembra diretta da James Cameron, mentre non viene evidenziata l’informazione più importante: la regia non è di Cameron ma le tecniche di ripresa stereoscopica sono quelle di Avatar, usate con le telecamere rivedute e corrette dall’abile Cameron per ottenere un effetto tridimensionale più immersivo.
Tutto ciò garantisce (o meglio, potrebbe garantire) una resa in tre dimensioni quantomeno accettabile e godibile sul grande schermo.
In effetti Sanctum 3D offre agli spettatori un 3D appagante, che sfrutta le inquadrature subacquee e gli scorci angoscianti e claustrofobici delle grandi caverne subacquee.
E’ pur vero che l’ambiente notturno spesso non rende molta giustizia alle riprese stereoscopiche, ma generalmente le riprese offriranno visioni tridimensionali che non faranno rimpiangere l’esoso prezzo del biglietto del cinema.
Sanctum 3D è un film spettacolare ed a tratti pienamente angosciante: a fronte di una schiera di attori abbastanza anonimi nella loro caratterizzazione (anche se adatti a trasporre un impianto narrativo di stampo realistico), il ritmo della pellicola non lesina in diversi momenti drammatici e di suspense.
La visione tridimensionale in questo caso aiuta ad immergere lo spettatore fra le caverne umide ed immerse nell’acqua, pienamente resa con la tecnica stereoscopica.
Sanctum 3D non tradisce una linea narrativa drammatica: durante il film ci saranno diverse perdite umane (alcune collocate all’interno della trama per esigenze puramente spettacolari), ma rese su schermo con un certo stile ed una vena registica funzionale e adatta al leit motiv del film: l’impotenza dell’uomo davanti alla natura inesplorata.
Durante il film non mancano scene che provocheranno non pochi attimi di claustrofobia ed ansia, specie negli spettatori più impressionabili.
L’esperto Frank McGuire, protagonista del film, descrive il suo brutto rapporto con il figlio fra una scalata e una nuotata nelle profondità delle caverne in assenza di ossigeno.
La caratterizzazione di questo uomo tutto di un pezzo è realista ed adatta al lavoro avventuroso che da anni compie nelle profondità delle caverne.
Tutte le vicende emotive ruotano attorno al freddo e pragmatico Frank, a partire dal figlio fino ad arrivare agli altri partecipanti dell’escursione che lo credono un uomo senza pietà.