Vitriol è un mockumentary. Se per molti di voi questa parola appare oscura, la spiegazione è molto semplice: i mockumentary sono dei falsi documentari, che presentano, al cinema come in televisione, degli eventi trattati come reali per aggiungere pathos alla narrazione.
La regia di Francesco De Falco vuole proprio mostrare come verosimili situazioni che si susseguono tra le mura di antichi edifici napoletani del periodo borbonico, siano realmente esistenti.
Il plot narrativo è semplice: Lola Verdis (Roberta Astuti) è una venticinquenne laureanda che sta ultimando la sua tesi assieme all’aiuto di Davide (Yuri Napoli). Essa si compone di un documentario visivo che tratta della simbologia massonica presente nelle costruzioni napoletane nel periodo dei Borboni.
Mentre le riprese incalzano, Lola ritrova un oggetto misterioso, che farà da apripista ad intricate indagini che porteranno alla scoperta di un antico ordine esoterico.
Il film, con una manciata di attori, riesce ad attirare l’attenzione dello spettatore interessato all’argomento, grazie ad innumerevoli informazioni relative alla simbologia esoterica ed alle piccole grandi avventure dei due giovani dentro edifici fatiscenti e caverne sotterranee.
Vitriol ha una sceneggiatura che non lascia nulla al caso. La regia, sebbene non possa mostrare chissà quali virtuosismi dato il genere del film, è sempre puntuale a mostrare intrigati particolari riguardo i misteriosi ritrovamenti di Davide e Lola.
Appare positivo vedere come i due giovani protagonisti appaiano piuttosto “comuni” nell’accezione migliore del termine, perché permettono a chiunque di potersi immedesimare nelle loro ricerche soprannaturali.
Soprannaturali ma mai spaventose, perché il film non vuole aggiungere all’argomento alcun orpello horror, che avrebbe stonato con la sceneggiatura.
Vitriol è un finto documentario discreto, che aggiunge alle scene fittizie anche quelle in cui compaiono persone comuni con il volto nascosto per la questione della privacy, interpellate per gonfiare il mistero e rendere il racconto più veritiero.
Il vero, o presunto vero, si mischia alla finzione in un collage ben realizzato e curato, che però, è bene dirlo, offre poco spazio all’intrattenimento puro.