ll regista di Blade Runner non si smentisce. Nel raccontare un fatto di cronaca che negli anni Settanta ebbe un risalto mediatico universale, riesce a tenerci incollati alle poltrone per le oltre due ore di programmazione.
Il film racconta il sequestro del sedicenne Paul Getty III, nipote dell’uomo più ricco non soltanto del mondo di quegli anni Settanta, bensì dell’intera storia dell’umanità. Il fatto avvenne a Roma.
In quegli anni c’erano gli hippy, Roma era la capitale mondiale del cinema, e della mondanità, nei salotti e nelle piazze impazzava la dolce vita, ma era anche l’epoca della contestazione, degli operai che nelle fabbriche incrociavano le braccia per contratti più umani.
Nel frattempo la criminalità organizzata si era gettata nel business dei sequestri: più remunerativi di un colpo in banca e anche meno rischiosi (in circa 17 anni ne attuarono quasi 600).
Ora, tutto questo non c’è nel film. Scott e il suo sceneggiatore David Scarpa (Il Castello; Ultimatum alla terra) hanno preferito mostrare non tanto le sorti del ragazzo (che pure naturalmente vengono raccontate), quanto il duro confronto tra il nonno (tirchio e geloso dei propri soldi) e sua nuora Abigail, la madre del sequestrato, che lotta con tutte le sue forze per la liberazione del figlio.
La vicenda si svolge infatti tra Roma e Londra, tra l’abitazione della donna e il castello del vecchio miliardario. Ago della bilancia è l’agente della CIA, Chace, che Getty senior spedisce nella capitale per capire se il sequestro è autentico oppure un’idea del nipote per spillargli quattrini.
Il regista, l’ormai ottantenne Ridley Scott, ha la mano sicura e riesce a mantenere sempre viva l’attenzione dello spettatore fino alla scena altamente drammatica che coinvolge il giovane prigioniero.
Il racconto cinematografico c’è tutto, il ritmo è incalzante (anche se venti minuti di meno avrebbero giovato) ed è inutile cercare incongruenze con i fatti realmente avvenuti ormai oltre 45 anni fa.
Non è un documentario, non è un reportage giornalistico, bensì un romanzo filmato con tutte le esigenze che un film si porta inevitabilmente dietro.
Inutile dire che non è quella la strada dove venne rapito oppure che non ci fu alcuno scontro a fuoco tra i poliziotti e i banditi e altre libertà che lo sceneggiatore si è preso (come la morte del vecchio al termine del sequestro, mentre Paul Getty senior morì due anni dopo oppure l’improbabilissimo incontro tra l’agente della CIA e le Brigate Rosse che cercano di “soffiare” il riscatto ai calabresi e il finale, anche questo totalmente inventato).
Sono esigenze di copione e vanno accettate, perché lo ripetiamo (malgrado le didascalie iniziali ci informino che i fatti raccontati sono presi da vicende realmente accadute) si tratta di un’opera di pura invenzione.
Se questa vicenda vi appassiona e volete conoscere la verità sul sequestro Getty e come venne gestito il rapimento ordito da una banda di balordi romani e poi passato alla ‘ndrangheta calabrese della Piana di Gioia Tauro, oltre a godere del film al cinema anche un libro potrebbe fare al caso vostro.
Proprio in questi giorni in libreria è in vendita il romanzo Rapimento e Riscatto di Vito Bruschini che racconta (anche se in forma romanzata, ma comunque molto aderente alla verità), come andarono davvero i fatti in quel lontano 1973.