L’incidente di Vermicino del 1981, in cui perse la vita un bambino di sei anni di nome Alfredo Rampi, fu un evento che scosse l’Italia per molteplici motivi.

Durante una normale giornata di giugno dei primissimi anni ottanta, in quella frazione di campagna a pochi passi da Frascati, Alfredo purtroppo scivola in un pozzo artesiano profondo diversi metri.

Costui soleva spesso passeggiare in quelle zone, non solo per giocare, ma anche per andare a trovare i nonni, a pochi metri dalla casa di campagna in cui soggiornava durante il periodo estivo con il fratellino e i genitori.

Quella buca nel sottosuolo, che doveva essere coperta con la massima cura affinché nessuno potesse scivolarci dentro, quando la incrociò Alfredo non aveva alcuna protezione. Una gravosa svista che ha segnato per sempre la vita della famiglia Rampi.

UNA STORIA DIFFICILE DA RACCONTARE

Sebbene siano passati quarant’anni, la storia di Alfredo è una ferita ancora aperta nell’animo di tutti gli italiani.

Oltre ad essere testimone dell’ingiusta morte di un bambino di appena sei anni, l’Italia intera dopo questa tragedia dovette rendersi conto di come il paese non era assolutamente pronto per affrontare una tale emergenza.

L’incidente che coinvolse Alfredo chiamò in causa soprattutto i pompieri, che capirono presto come i mezzi a loro disposizione per far fronte ad un evento del genere fossero limitati e obsoleti.

La morte di questa vittima innocente scosse gli animi e responsabilizzò in qualche modo l’Italia, che grazie alla nascita del Centro Alfredo Rampi, sorto per merito della determinazione della mamma del piccolo Franca Rampi, diede l’input decisivo affinché, alcuni anni dopo, si formalizzasse l’istituzione della Protezione Civile.

IL RISPETTO PER LA TRAGEDIA

Alfredino – una storia italiana, produzione Sky Original composta da quattro appuntamenti che vanno in onda il 21 e il 28 giugno, non  ha alcuna intenzione di offrire al pubblico un racconto televisivo melodrammatico, che possa approfittare della drammaticità della vicenda per imbastire una sceneggiatura che invita alla tristezza fine a sé stessa.

Diversamente, il racconto diretto da Marco Pontecorvo è asciutto, prettamente didascalico, e ha come unica finalità quella di rappresentare gli avvenimenti che si sono verificati durante quell’afoso mese di giugno del 1981.

Una produzione dunque che non ha alcuna velleità di ricoprire il ruolo di giudice riguardo le ipotetiche colpe delle forze dell’ordine che provarono a salvare Alfredo.

In Alfredino – una storia italiana vedremo solo il racconto dei fatti, attraverso un cast in cui figurano Anna Foglietta e Luca Angeletti, rispettivamente madre e padre di Alfredo.

UOMINI E DONNE CHE FECERO LA DIFFERENZA

La serie Sky vuole approfondire il ruolo e la vita di tante persone che con i loro enormi sforzi hanno tentato di liberare Alfredo da quel maledetto pozzo.

Durante la visione potremo entrare non solo in casa della famiglia Rampi, per saggiare l’atmosfera amorevole che circondava Alfredo e suo fratello, ma anche conoscere la quotidianità di Nando Broglio (Vinicio Marchioni), il vigile del fuoco che, sebbene avesse espresso la sua incapacità a dialogare con i più piccoli, riuscì a creare un formidabile canale comunicativo con il bambino intrappolato.

Da citare anche i tre ragazzi speleologi che più volte tentarono di calarsi in quel pozzo, una cavità che purtroppo si restringeva sempre di più in profondità non consentendo ad una persona di corporatura normale di avere spazio di manovra.

Tullio Bernabei (Daniele La Leggia), il caposquadra del gruppo di speleologi, fu il primo a rendersi volontario per cercare di tirare fuori Alfredo, aiutato anche dall’amico Maurizio Monteleone (Giacomo Ferrara).

Di fondamentale importanza poi fu anche la geologa Laura Bortolani (Valentina Romani), che avvisò tempestivamente il comandante dei Vigili del fuoco Elveno Pastorelli (Francesco Acquaroli) dell’estrema durezza del terreno, che purtroppo non permetteva di usare una normale trivella per perforarlo in tempi rapidi.

Non può mancare inoltre la figura di  Angelo Licheri (Riccardo De Filippis), ultimo, coraggioso, uomo che provò a calarsi nel pozzo per tentare di salvare Alfredo, anche se privo di qualsiasi esperienza con questo tipo di operazioni.

In Alfredino – una storia italiana compare anche la figura di Sandro Pertini, amato capo di Stato, interpretato da un credibile Massimo Dapporto, che volle sostare assieme alla famiglia durante quelle interminabili ore.

Foto credit Lucia Iuorio

DA QUEL GIORNO CAMBIO’ IL MODO DI INFORMARE

La vicenda di Vermicino fu la prima in Italia che ebbe una risonanza mediatica fuori dal comune. Il giornalista Rai Francesco Viviano (Emiliano Coltorti) , appena scoprì la vicenda che coinvolse Alfredo, decise di seguire l’evento presentandosi sul posto con il fidato cameraman Renato Angelini  (Massimiliano Franciosa).

Il desiderio di Francesco era quello di fare uno scoop, ingenuamente convinto che questo avvenimento culminasse nel salvataggio del bambino, così da garantire al giornalista un prezioso intervento in diretta.

Occasione ideale inoltre per offrire agli spettatori italiani finalmente un servizio che non trattasse solo di attentati sanguinari delle Brigate Rosse oppure di rapimenti, cosa comune durante quel periodo così oscuro.

Il giornalista scelse inoltre di registrare la voce di Alfredo, una testimonianza intima che potesse rendere più accurato e verosimile il suo reportage. La Rai accettò di mandare in onda le riprese di Renato Angelini, che attirarono l’attenzione del pubblico.

La crescente attenzione mediatica di questo evento diede il via, per la prima volta nella storia del giornalismo italiano, alle inedite dirette non stop.

COMMENTO
Alfredino - una storia italiana è una serie girata molto bene, che sfoggia un’ottima interpretazione di tutti gli attori coinvolti, non solo della bravissima Foglietta, che riesce a ricreare alla perfezione l’enorme personalità e la grande forza d’animo di Franca Rampi, madre di Alfredo. Come ho già sottolineato in sede di recensione, la serie Sky non vuole essere melodrammatica e approfittare dei gravosi eventi narrati per speculare sul dolore che la vicenda ha provocato in tutta Italia; basti pensare al fatto che la telecamera non riprende mai Alfredo mentre è intrappolato, in nome di un doveroso rispetto verso quei drammatici momenti. La rappresentazione dei fatti è quasi accostabile a quella di un documentario per come mostra gli avvenimenti, con una messa in scena che non ha alcuna intenzione di scivolare in inutili cliché retorici né tantomeno provare a dare giudizi riguardo le défiance contro cui la Polizia e i Vigili del Fuoco dovettero scontrarsi mentre cercavano di salvare il piccolo Alfredo. Certo, per tutti coloro che hanno già seguito e sofferto questo tragico fatto di cronaca datato 1981, non sarà facile rivivere quelle interminabili 60 ore in cui Alfredo cercava di lottare incastrato in quel piccolissimo pozzo, già provato da una malformazione cardiaca che non gli permetteva di resistere troppo a lungo in quelle condizioni disagiate. Ma vedere Alfredino una storia italiana non significa solo riaprire una vecchia ferita che ha sconvolto tutta Italia, ma anche avere l’occasione di conoscere più a fondo le personalità e le vite di tutti quegli uomini e quelle donne che hanno offerto un aiuto volontario affinché potessero tentare di salvare questo bambino. Persone fuori dal comune che, armati di una enorme forza d’animo, hanno accettato di calarsi a testa in giù rischiando di compromettere seriamente anche la loro stessa integrità fisica. Da sottolineare anche come l’ultimo appuntamento di Alfredino una storia italiana dedichi quasi tutto il tempo al racconto della fondazione del Centro Alfredo Rampi, un primo importante passo verso la creazione della fondamentale nascita della Protezione Civile. Un evento questo che, sebbene sia difficile lo stesso da accettare, vuole in qualche modo rendere la morte di Alfredo tutto fuorché vana.
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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