The Town of Light

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Primo gioco degli sviluppatori tutti italiani chiamati LKA.it, The Town of Light è un’avventura in prima persona che narra della triste storia di Renée, giovane ragazza di appena sedici anni affetta da disturbi psichiatrici.

La povera Renée è vissuta durante gli anni ’40, e proprio per questo dovette subire la terribile esperienza del ricovero nel manicomio femminile di Volterra, in Toscana.

Tutta l’esperienza ludica si consumerà tra le stanze dello stabile toscano, che viene rappresentato come appare oggi, abbandonato dopo che la promulgazione della Legge Basaglia mise fine all’esistenza di queste strutture dedicate ai malati di mente.

Le pareti del manicomio sono prive dell’intonaco, la polvere e la ruggine accompagneranno la protagonista durante la visita nelle stanze che furono teatro di orrori inimmaginabili, soprattutto quando è sottoposta a fantasiose (e dolorose) cure,  nella vana speranza dei medici di mettere fine alle sue agitazioni mentali.

Ma le donne, come apprenderà presto il giocatore, non venivano solo “curate”, ma anche maltrattate, seviziate e violentate. L’avventura è gestita in modo molto semplice, con la protagonista che deambula attraverso il fatiscente ospedale, potendo contare su poche azioni da compiere a sua disposizione.

The Town of Light, difatti, vuole essere un gioco che ha l’intenzione di narrare una storia più che coinvolgere il giocatore con un approccio ludico classico.

L’avvicendarsi dei ricordi di Renée dovranno essere sbloccati tramite la risoluzione di semplici enigmi, oppure raggiungendo un luogo particolare che possa instillare in lei ricordi specifici affinché possa chiarire a se stessa perché si trovava in quel posto e soprattutto per quale motivo.

La grafica ripropone in modo piuttosto dettagliato i luoghi (realmente esistenti) del manicomio, con la vegetazione rigogliosa che fa da verde cornice al posto dove il dolore di queste donne diventava vero e proprio terrore.

Oltre alla classica grafica realistica in tre dimensioni, i programmatori hanno scelto di rappresentare i ricordi di Renée tramite un efficace stile grafico fumettistico, con pochi colori tendenti allo scuro che rendono perfettamente l’acredine della donna verso quelle dolorose reminiscenze.

Molte volte avremo l’occasione durante il gioco di leggere estratti delle cartelle cliniche della donna, oppure lettere che la madre le inviava di tanto in tanto. Espedienti che, con successo, faranno calare il giocatore dentro un’esperienza toccante e matura, proprio come si confà ad un videogioco moderno che non ha oramai solo l’intenzione di intrattenere, ma anche di divulgare vere  e proprie esperienze.

COMMENTO
The Town of Light è un progetto videoludico completamente riuscito. Entrare nei panni (e soprattutto nella mente) di Renée è una esperienza viscerale, commovente e soprattutto dolorosa. Il passato di questa ragazza è rappresentato in modo congeniale attraverso le stanze decrepite e spaventose del manicomio di Volterra, ed i flashback che appaiono per arricchire il racconto sono incredibilmente validi per come sono gestiti. Il gioco riesce, anche tramite la voce della ragazza ben recitata in lingua italiana, ad instillare varie emozioni nel giocatore. La progressione dell’avventura si snoderà attraverso vari capitoli del gioco, che rappresenteranno una sorta di checkpoint. Altra particolarità di questa avventura è la possibilità di scegliere quale atteggiamento far assumere a Renée tramite alcune risposte che compariranno all’interno del gioco riguardo avvenimenti cruciali della sua dolorosa vita. Ogni risposta che il giocatore sceglierà di intraprendere sbloccherà risvolti diversi nella narrazione, da come potremo osservare agevolmente tramite la rappresentazione dei capitoli sbloccati tra le opzioni del gioco. Questa opportunità accresce la longevità del gioco, che si assesta su circa cinque ore di gioco. Unico piccolo difetto del gioco è il cursore che serve per interagire con gli oggetti ed i documenti da leggere, fin troppo discreto e piccolo su schermo, che spesso, complice il suo colore bianco, tende a non essere visibile quando risplende la luce del sole. The Town of Light dimostra, ancora una volta, come il medium videogioco possa offrire esperienze che travalichino il mero intrattenimento e che possano far riflettere e, perché no, anche veicolare informazioni di valore storico e sociale. Che poi tutto questo, in questa occasione, sia stato fatto da programmatori italiani, è un altro valore aggiunto.
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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