Nell’anno 2013 l’umanità è devastata da un misterioso morbo, che costringe gli esseri umani a chiudersi dentro le loro case e così rinunciare alla luce del sole.
Marc (Quim Gutiérrez) è alla disperata ricerca della sua fidanzata Julia (Marta Etura), dopo che si sono separati, come ogni giorno, per andare a lavorare.
Ma la strana epidemia colpirà anche il protagonista del film, che dovrà trovare la sua amata passando sotto gli edifici, perché anche lui è vittima di questo strano virus.
The last days è un film diretto dal regista spagnolo Àlex Pastor, e cerca di reinventare il tema, oramai abusato, della fine dell’umanità puntando su di una minaccia tanto banale quanto creata dallo stesso stile di vita degli uomini.
Marc cerca la sua Julia, proprio come qualsiasi cavaliere in sella al suo destriero farebbe con la sua principessa tenuta prigioniera da un drago.
Ma la minaccia del drago stavolta è dentro ognuna delle nostre vite, proprio perché questa stessa società ha avuto l’ardire, e forse l’arroganza, di credere che il nostro modus vivendi sia quello migliore per tutti noi.
L’incedere del protagonista dentro i luoghi chiusi, come la metro oppure una qualsiasi fogna, è l’unico percorso che gli è consentito per evitare gli spazi aperti e la luce naturale del sole, luogo in cui si annida morte certa.
Il film ha uno stile asciutto, senza tanti fronzoli visivi che possano derivare dalle casse piene degli studios hollywoodiani, e proprio per questo riesce al meglio ad esprimere la naturalità dell’attore Quim: un viso normale, una barba incolta e tante insicurezze per il suo futuro.
Accanto a lui nel suo viaggio gli subentra il responsabile delle risorse umane, che proprio poche ore prima dell’inizio del loro drammatico cammino aveva il compito di licenziarlo.
Un sodalizio impensabile, ma che mette così a nudo il carattere forte ma anche bisognoso di amore di quell’uomo, che i suoi colleghi chiamavano “Terminator”.
I sentimenti di questi personaggi saranno statti trattati centinaia di altre volte sul grande schermo, ma stavolta sanno essere più ficcanti, proprio perché suffragati dalla disperazione di un mondo in rovina in cui proprio noi stessi abbiamo voluto perderci.
La società, in questo film, è matrigna ed autodistruttiva. Un famoso poeta diceva che l’essere matrigna era una prerogativa tutta di mater natura.
Dentro questo film Àlex Pastor ribalta il concetto, visto che alcune tribù di qualche landa isolata della terra pare siamo immuni a questo fantomatico virus.