Briganti, la nuova serie esclusiva Netflix, è ambientata nel 1850. Siamo nel sud Italia, esattamente due anni dopo che Garibaldi faticosamente riuscì a riunire l’Italia.
Sono anni difficili per tutto il popolo italiano, soprattutto nelle terre del meridione, defraudate delle poche ricchezze di cui possono vantare da parte di soldati facinorosi che millantano la superiorità delle terre italiane settentrionali.
Appena iniziata la visione della serie Netflix una voce narrante ci racconta come la sua terra natìa, Palermo, possa vantare un grande tesoro.
Un tesoro rappresentato da decine di lingotti d’oro, che vengono saccheggiati dall’esercito di Garibaldi, un uomo che aveva promesso libertà e indipendenza, due parole che cozzano contro l’ineluttabile destino di miseria che attanaglia la grande capitale siciliana.
Dopo aver ascoltato queste parole piene di rammarico, il focus dell’attenzione si sposta su Filomena (Michela De Rossi), una donna borghese che vive una vita agiata accanto a un ricco marito.
Sebbene a Filomena non manchi mai il cibo e l’acqua corrente, la sua vita sembra essere lo stesso cupa e malinconica.
La causa è da ricercare in suo marito, un uomo che è pronto a macchiarsi di orribili delitti solo per dimostrare come il suo status sociale possa prevaricare anche sulla morale.
Non passerà molto prima che un evento funesto e insopportabile porti Filomena a ribellarsi a questa orribile unione matrimoniale, scegliendo di sua sponte di cambiare vita in nome di ideali di libertà e uguaglianza che da sempre venerava in segreto.
UNA SCENEGGIATURA CHE PREDILIGE IL REALISMO
Dopo aver conosciuto le vicende della coraggiosa Filomena è lecito aspettarsi da Briganti una trama romanzata, che porta sulle scene la tipica eroina che lotta coraggiosamente contro le oppressioni e le ingiustizie, pronta a difendere i più deboli.
Proseguendo nel racconto seriale ci si accorge ben presto come la sceneggiatura sia tutt’altro che retorica e prevedibile, soprattutto quando entra in scena Schiavone (Marlon Joubert), un cacciatore di taglie pronto ad arricchirsi mandando in prigione predoni privi di scrupoli.
Anche detto lo Sparviero, questo personaggio è tratteggiato come un essere disamorato, privo di scrupoli e pronto a sparare senza pensarci pur di salvare la pelle e ottenere una lauta ricompensa.
Quest’uomo conoscerà presto Filomena, e con essa una nota banda di briganti capeggiata da Pietro Monaco (Orlando Cinque) e Ciccilla (Ivana Lotito).
La banda dei Monaco rappresenterà per Filomena il fulcro della sua nuova esistenza, perché inizierà a conoscere la dura legge della vendetta e una vita passata a depredare e uccidere in nome della libertà e della fedeltà reciproca.
Un modus vivendi completamente diverso da quello che conosceva, che impone di sporcarsi le mani di sangue e di affrontare la rabbia dei suoi cittadini, a cui è invisa perché un tempo benestante, e le attenzioni fin troppo esplicite di Fumel (Pietro Micci), un potente e impietoso generale garibaldino che vuole a tutti i costi impadronirsi del tesoro palermitano, da tempo scomparso ma che sembra possa essere rinvenuto grazie a una preziosa mappa.
UN OMAGGIO AL CINEMA WESTERN DI UN TEMPO
L’ufficio stampa Netflix afferma che Briganti è una serie di stampo crime-western, una classificazione piuttosto insolita ma veritiera.
Lo show sceneggiato dai GRAMS*, il collettivo composto dai cinque giovani autori Antonio Le Fosse, anche regista della serie, Re Salvador, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti e Giacomo Mazzariol, vuole esplicitamente rendere omaggio al cinema western diretto da Sergio Leone degli anni ’60, e lo fa mettendo in scena un casting assolutamente azzeccato.
Gli attori coinvolti in Briganti sfoggiano volti non comuni, caratterizzati da cicatrici e menomazioni tipiche di anni in cui consumare un buon pasto era un evento raro.
Durante la visione di Briganti incontreremo uomini sfregiati, orbi, balbettanti e dai tratti somatici irregolari. Queste caratteristiche fisiche rendono i personaggi dello show Netflix veritieri e pregni di personalità.
La loro pelle inoltre è inscurita dal sole battente del sud Italia, i capelli sempre arruffati e disordinati e i loro vestiti pieni di una vistosa polvere; caratteristiche che denotano un’attenzione maniacale da parte dello staff della produzione Netflix.
Queste accezioni estetiche, proprie dei film del sopracitato Sergio Leone, si sposano perfettamente durante le numerose scene che vedono i briganti impugnare le armi contro i soldati garibaldini capeggiati da Fumel, un uomo impettito sempre sbarbato e ordinato. Un chiaro messaggio che dice come il male spesso si annidi dietro a una bella facciata.
Sebbene i richiami all’universo cinematografico western di Leone siano tanti (basti anche pensare a Ivana Lotito, che somiglia molto a Claudia Cardinale, indimenticabile musa di C’era una volta il West), Briganti non mostra interminabili sparatorie, ma predilige scene spesso incentrate sul classico e intramontabile stallo alla messicana, da sempre foriero di forti emozioni.
In effetti Briganti non deve necessariamente affidarsi a troppe scene da spaghetti western, perché la struttura narrativa offre anche svariati colpi di scena tipici del filone crime, con tradimenti e rapimenti continui che capovolgono in men che non si dica il destino di tanti personaggi.
Personaggi a cui magari erroneamente ci si affeziona; una cosa sbagliatissima, perché Briganti, proprio come gran parte delle serie moderne, vuole costantemente lasciare lo spettatore sulle spine e incapace di capire se i suoi beniamini riescano a sopravvivere o meno a tutte le loro disavventure.