Roma è una città calda, caldissima. La temperatura supera i 30 gradi e i cittadini della capitale non fanno altro che grondare sudore.
Non sarebbe niente di nuovo se questo accadesse durante il periodo estivo, ma c’è un particolare molto importante che fa la differenza: è il mese di gennaio e siamo in pieno inverno.
L’affollata metropoli italiana non patisce solo il degrado rappresentato dall’immondizia imperante nelle strade ma ora, in questo universo cinematografico immaginario, anche una temperatura prettamente estiva mentre le strade sono ancora agghindate con addobbi natalizi.
In questa atmosfera straniante Te l’avevo detto, ultimo film di Ginevra Elkann, vuole raccontare la storia di diversi protagonisti che, messi di fronte a questo clima eccezionale, non hanno alcuna chance di distrarsi dalle loro angosce esistenziali, ma devono necessariamente venire a patti con i propri demoni personali.
GIANNA E PUPA, DUE DONNE CHE NON CONOSCONO L’AMORE
Le prime scene di Te l’avevo detto ritraggono Gianna (Valeria Bruni Tedeschi), intenta a godere di gioie passionali con un giovane ragazzo sconosciuto.
Le sensuali movenze di Valeria Bruni Tedeschi e i suoi afflati erotici ritraggono una persona sicura di sé e del suo fascino.
Niente di più diverso dalla realtà, perché una volta che l’atto erotico si è concluso veniamo presto a conoscenza di tutte le défaillance emozionali di Gianna, una donna che ha subito il dolore di un matrimonio distrutto a causa di Pupa (Valeria Golino), che oltre ad averla separata dal marito ha anche eroso la sua sanità mentale.
Pupa è una ex pornostar che si esibisce sul palco in qualche piccolo locale romano, ove cerca di intonare con voce tremula alcune canzoni mentre mostra il suo corpo ancora tonico.
Se il fisico di Pupa è ancora avvenente, il suo viso porta vistosamente gli effetti dell’età non più giovanissima.
Anche se la donna ha cercato di porre rimedio all’insindacabile giudizio del tempo che scorre, non saranno certo le labbra gonfie e il pesante trucco facciale a farla apparire più giovane.
Gianna e Pupa sono due donne che hanno vissuto in nome dei sentimenti: quello dell’attrice hard era una vita votata al sesso trasformato in lavoro, mentre quello di Gianna era un vero e proprio impulso d’amore nutrito nei confronti del coniuge.
Entrambe sono donne colme di delusioni. Se Pupa si ritrova a vivere sola in mezzo a una moltitudine di felini che possano rinfrancarla, almeno Gianna ha potuto mettere al mondo una figlia, Mila (Sofia Panizzi), giovane bulimica che si imbottisce di cibo per tamponare il profondo dolore che si prova ad avere una madre che vaneggia di vendette contro colei che le ha rubato la felicità.
BILL E CATERINA, DUE SERVI DELLE DIPENDENZE
Bill (Anthony Hudson) è un uomo che ha deciso di dedicare la vita a Dio; in verità Bill non ha giurato fedeltà solo al Signore, ma anche alla dipendenza provocata dalle droghe, che si inietta attraverso un ago nel braccio cercando di trovare conforto.
La vita di Bill è stata segnata da una madre arcigna, che non conosceva nemmeno il significato di maternità e usava ogni giorno picchiare suo figlio per sfogare le sue enormi frustrazioni.
Sebbene Bill non fosse solo e potesse godere della compagnia della sorella Frances (Greta Scacchi), è soprattutto lui che ha dovuto sopportare le angherie di colei che l’ha messo al mondo.
È un giorno particolare per Bill, perché attende la visita di Frances per dare l’ultimo saluto alle ceneri di questa orribile madre.
Un gesto che potrebbe essere salvifico per il suo equilibrio mentale ma che, allo stesso tempo, lo riporta indietro nel tempo, quando il suo esile corpicino doveva subire quelle ingiustificate percosse. È tempo di dare sfogo ancora una volta alla droga affinché possa lenire questi malanni dell’anima.
Caterina (Alba Rohrwacher) è madre di un figlio, un figlio che adora e che vorrebbe amare con tutta sé stessa ma che non riesce a causa del suo difficile rapporto con l’alcool.
Caterina ama l’alcool e come questo riesca a farle dimenticare tutte le difficoltà di essere madre, una madre che inoltre deve affrontare un rapporto oramai distrutto con il padre di suo figlio, Riccardo (Riccardo Scamarcio).
L’unico appiglio per conquistare un briciolo di serenità è dare sfogo alle sue notevoli capacità artistiche. Le mani di Caterina riescono a dare forma alla fantasia anche servendosi di oggetti banali come un foglio di carta e qualche pennarello. Un dono eccezionale che purtroppo spesso scompare annegando nei fiumi dell’alcool.
QUATTRO ESISTENZE CHE SI INTRECCIANO
Come nei migliori racconti che hanno diversi personaggi principali, anche in Te l’avevo detto i protagonisti si conoscono oppure si incontrano per pura casualità, donando linfa al drammatico mosaico narrativo.
Sebbene il film di Alba Rohrwacher sia stato catalogato come “commedia nera”, all’interno della sceneggiatura non si ravvisano molte sfumature comiche, ma solo un’atmosfera incredibilmente ansiogena.
Il caldo che brucia le strade di Roma a gennaio rende l’ambientazione quasi distopica e carica di disagio. Merito delle accortezze scenografiche, che di tanto in tanto fanno apparire in alcune scene un albero di Natale dentro casa, figura che cozza irrimediabilmente con l’outfit prettamente estivo degli attori.
Non è solo l’elemento scenografico ad arrecare fastidio allo spettatore, ma anche il trucco scenico che, con dovizia, fa apparire il loro viso sempre carico di sudore.
Sudore che non solo fa sembrare quel mese di gennaio come appartenente a una realtà alternativa, ma che distorce anche le espressioni dei protagonisti, sofferenti delle elevate temperature che devono sopportare il primo mese dell’anno nuovo.
Nel film di Alba Rohrwacher questo caldo inconsueto mette alle strette i protagonisti del film, perché sono costretti a dare voce alle loro sofferenze, per troppo tempo messe a tacere con l’ausilio del sesso, della droga e dell’alcool.