Silent Souls è un chiaro affresco visivo di una cultura che sta per scomparire e della concezione della vita e della morte che si rifà ad una mentalità scevra da pregiudizi. Durante il film si narra di un amore finito nella morte e di un’antica tribù, quella dei Merja, attraverso un viaggio di due carissimi amici che stanno per donare al corpo dell’adorata Tanya l’ultimo saluto.
Il regista russo Aleksei Fedorchenko ha diretto un film che esprime la tipica poesia russa dentro le sue inquadrature. Una poetica a volte difficile, che si rifà alla concezione della vita e della morte come di due concetti strettamente e naturalmente legati tra di loro.
Silent Souls attraverso il viaggio del vedovo Miron (Yuriy Tsurilo) e del suo caro amico Aist (Igor Sergeyev) per dare sepoltura all’amata Tanya descrive un’antica cultura ancestrale, quella della tribù ugro-finnica dei Merja.
I Merja hanno coltivato le proprie credenze nella regione del lago Nero, situata nella regione della Russia centro-occidentale. Per loro la morte è vista come un’incombenza prettamente naturale, e l’acqua come l’elemento principale per garantire all’anima di un uomo un buon trapasso.
Gli dei non sono contemplati in questa cultura, e l’amore è visto come una forza dirompente, che non osa sgretolarsi nemmeno quando la vita abbandona il corpo. Dettagli semplici da raccontare, ma difficili da assimilare per tutta la cultura occidentale.
Il film è il pretesto per trattare questi argomenti, attraverso la naturale conversazione dei due amici durante il viaggio che li porterà a cremare il corpo di Tanya e spargere le sue ceneri dentro un lago che è stato protagonista della sua luna di miele.
La voce narrante di Aist prende per mano lo spettatore e lo inizia alle pratiche mortuarie dei Merja, completamente identiche a quelle che si praticano ad una donna che sta per convogliare a nozze.
La loro cultura prevede che il pube della donna venga ornato di fili colorati, poi liberati dallo sposo e attaccati ad un albero, come testimonianza del loro atto d’amore. La regia, arida come i paesaggi mostrati nel film, incalza sulla preparazione del cadavere di Tanya, non escludendo la visione delle parti intime della donna.
I movimenti della macchina da presa, poco più che statici, fotografano il corpo della donna senza mai mostrare malizia, ma nel pieno delle credenze dei Merja, in cui la donna appare come una creatura che con il suo corpo può veicolare infiniti piaceri.
Anche quando i due amici incontrano due prostitute durante il loro ritorno, queste ultime sono viste come un dono del destino, affinché loro due possano trovare giovamento emotivo dal sesso.
Miron durante il suo cammino descrive tutto l’amore che provava per la sua sposa, anche condividendo con l’amico dettagli intimi del suo rapporto privato con la donna.
Particolari che vengono mostrati nel film, quasi a testimonianza di come la donna in questa cultura sia cosciente di quanto può rendere felice un uomo con l e sue grazie sessuali.
Anche Aist era attratto dalla donna, e la cosa era vicendevole. Miron è serenamente cosciente di ciò, e come ultimo sfogo ammette piangente che forse il destino della sua amata doveva consumarsi con un compagno differente.
Chiari esempi di un amore passionale, forte e irrazionale, reso singolare dai costumi di questa antica tribù, che sta per perdere tutte le sue credenze in nome della modernità.
Modernità che si frappone tra i due quando entrano in un centro commerciale, che stona e sembra appartenere ad un’era futuristica se paragonato ai paesaggi brulli e alle semplici abitudini di vita dei due protagonisti.