I Tucci è un modesto e simpatico nucleo familiare stabilitosi in un remoto paesino del Lazio. Il pater familias, un allegro De Sica con i capelli di un colore impossibile da definire, lavora in una piccola azienda che produce mozzarelle.
Sua moglie, nelle (sciupate) vesti di Lucia Ocone, bada alla casa, dove risiedono anche la nonna (Anna Mazzamauro), suo cognato botanico (Enrico Brignano) e due figli, di cui uno con un’intelligenza superiore alla norma.
Il film basa la sua sceneggiatura su questa famiglia con pochi soldi a disposizione ogni mese, che non rinuncia a mangiare quasi ogni giorno supplì che grondano olio fritto e consumano i momenti di svago divorando telenovelas di dubbio gusto.
Ma la vita dei Tucci cambia quando vincono alcuni milioni di euro. Ora il conto in banca è sistemato, ma la loro vita no. Devono assolutamente cambiare città (ed abitudini) per non far sapere a tutti i loro amici paesani di essere diventati milionari.
Il film di Brizzi da subito svela allo spettatore la sue finalità, senza farne remora alcuna: quella di far ridere, senza ricorrere all’escamotage della volgarità, soprattutto contando su due mattatori della comicità italiana che si chiamano Christian De Sica ed Enrico Brignano.
La vicenda dei Tucci richiama alla mente dell’italiano cinefilo (con qualche anno sulle spalle) le brillanti sceneggiature di Brutti, sporchi e cattivi, oppure quella del film con protagonista Alberto Sordi ne Le vacanze intelligenti.
La famiglia di Brizzi riesce ad essere sciatta e sporca (ma molto meno cattiva) come quella del film di Ettore Scola, ma soprattutto fuori luogo con la vita e gli ambienti chic da miliardari proprio come facevano Alberto Sordi ed Anna Longhi quando decisero di recarsi in vacanza rinunciando per qualche giorno alla loro vita da fruttivendoli.
Ma questi film, a differenza di quello di Brizzi, raccontavano una Italia ed una società italiana servendosi dei personaggi della sceneggiatura.
Poveri ma ricchi invece è un film che mette al centro dello script proprio la famiglia Tucci, che si serve anche di uno slogan durante le scene girate per risultare ancora più incisiva nella sua particolarità.
E’ un peccato che il film non abbia deciso di dedicare maggiori sforzi a quello che sembrava il leif motiv della sceneggiatura: mostrare la vita dei nuovi ricchi, ormai non più avvezza a sprechi e dedita invece a fare beneficienza nel segno della sobrietà.
Questo tema è solo sfiorato dal film, che invece abbonda delle gag (alcune abusate in trent’anni di commedia italiana del piccolo e grande schermo) di De Sica e Brignano, assieme alla Mazzamauro che ricopre un personaggio forse fin troppo sopra le righe.
Il risultato è una commedia che prende spunto da diversi film di tante generazioni fa.
Sembra quasi che Brizzi continui a pescare dal passato per rappresentare i suoi film, ma abbia perso un po’ del tocco di originalità che contraddistingueva il montaggio e la regia dei suoi film iniziali.
Poveri ma ricchi è una commedia che celebra, in modo a volte raffazzonato, tutti i piccoli e grandi vizi degli italiani medi, con una colonna sonora che mette su schermo anche il cantante Albano.
Il film, tra un supplì e l’altro, strappa una risata a denti stretti, confidando nel fatto che, almeno, non è il solito, volgare, cinepanettone natalizio che riempie le sale cinematografiche.