In Non Sposate le mie figlie 2 Claude e Marie sembra che non abbiano ancora trovato la serenità familiare, dopo che nel primo film sono riusciti ad accettare ed amare i loro nuovi generi stranieri, dapprima ritenuti poco idonei a diventare i mariti delle loro splendide figlie.
Ora il problema più grosso è rappresentato dalla possibilità di vedere le loro bambine, oramai cresciute, lasciare l’amata Francia con i loro mariti in cerca di fortuna all’estero.
Una decisione terribile da accettare per Claude e Marie, che si ritroverebbero improvvisamente senza le loro quattro figlie, che chissà quale paese vogliono raggiungere per poter sperare di vivere in modo più agiato.
UN SEQUEL E’ SEMPRE UN SEQUEL
Vedere questo film lascia intuire quanto divertente possa essere stata la prima pellicola e quanto il seguito purtroppo ricalchi stancamente un format di successo a scopi meramente commerciali.
Non sposate le mie figlie 2 si presenta come una” bomboniera cinematografica” molto colorata, con una fotografia dai colori accessi, prettamente televisiva , ed una grande peculiarità: gli attori sono stati attentamente selezionati per la loro avvenenza, mentre le interpreti femminili hanno i tratti somatici tipicamente francesi.
Più ipocrita o, se vogliamo, in linea con il leitmotiv del film la scelta degli attori: troviamo uomini di nazionalità araba, cinese e africana, ma con i caratteri semiti, asiatici e negroidi meno accentuati possibili; probabilmente questi attori sono tutti meticci e, visto il loro fisico avvenente, ex modelli.
Insomma, sembra quasi che il messaggio che traspare sia “accogliamo lo straniero, ma purché non lo sembri più di tanto e sia bello e ricco”.
TIPI DA PUBBLICITA’
Sembra quasi che gli interpreti siano appena scesi da una passerella parigina, e, naturalmente, dotati di discrete possibilità economiche.
Un messaggio che potrebbe appartenere ad una pubblicità degli anni ottanta oppure inizio novanta, quando ancora la crisi economica non aveva azzerato le capacità di acquisto della società odierna.
Il racconto si svolge in una provincia francese, frequentata da alta borghesia di tenutari terrieri, che fa il contraltare ad una caotica Parigi. In questa piccolo paradiso francese non esistono banlieue, ma solo splendidi loft situati in pieno centro.
Anche la retorica che traspare dalla sceneggiatura è superficiale, e supera di gran lunga un banale spot di biscotti oppure di merendine che hanno abbandonato da tempo l’olio di palma.
I quattro cognati dalle radici culturali e religiose diverse sembra che si muovano e pensino all’unisono, proprio come una rock-band giovanile creata a tavolino per conquistare il cuore delle teenager.
Non ci sono veri scontri fra di loro e nemmeno grosse divergenze. Quello che lo script concede loro è qualche innocuo gioco di parola ed alcune battutine che, tuttavia, non riescono ad apparire politicamente scorrette perché troppo poco spontanee.
LE PAROLE SONO IMPORTANTI
La proiezione per la stampa del film in lingua originale con i sottotitoli esclude la possibilità di goderne a pieno, dal momento che si può solo intuire come buona parte della comicità si basi sulla parola più che sulla mimica attoriale.
Una mimica che gli attori “modelli” fanno fatica ad utilizzare ad eccezione, naturalmente, del matador Christian Clavier, che porta avanti, pressoché da solo, la commedia.
La sceneggiatura è carente, perché troppo presa a ripercorrere un terreno già battuto, e soprattutto impaurita dal presentare agli spettatori una commedia politicamente scorretta.
Durante la visione è pungente la sensazione che gli attori siano stati costretti a recitare in un certo modo, specialmente durante le scene clou.
Queste ultime potevano essere maggiormente coinvolgenti e divertenti se prive di quell’atteggiamento retorico sempre presente nella sceneggiatura, che si sposa decisamente male con una commedia che doveva essere anche una satira pungente.