Era il 1974 quando il cinema conobbe l’orrore di “Non aprite quella porta”. Quel film, che vantava un budget limitato, riuscì a spaventare gli spettatori di tutto il mondo tramite la violenza espressa dalla famiglia texana dei Sawyer verso alcuni giovani ragazzi innocenti.

Il film era ancora più pauroso perché parzialmente ispirato alle orribili gesta di un vero serial killer americano che soleva indossare una maschera di pelle umana delle sue vittime.

Nel film proprio questo orribile omicida venne rappresentato come un grosso uomo di quasi due metri di altezza, armato di una motosega con cui tranciava gli arti di coloro a cui voleva togliere la vita.

Il suo nome era “Leatherface”, e contribuì a far scoppiare il successo della pellicola ed a divenire uno dei più famosi protagonisti dell’horror, prima di tanti illustri colleghi come Jason di “Venerdi 13” oppure Freddy Krueger della saga “Nightmare”.

Non aprite quella porta 3D”  è un vero e proprio sequel della pellicola originale. Se ben ricordate, solo una ragazza si salvò da quel massacro, e riuscì a denunciare le sofferenze patite alla polizia.

Ed è qui che parte il film, dopo aver mostrato, nei titoli di testa, alcune scene chiave del film originale.

Gli abitanti di quel posto dimenticato da Dio nel Texas non vollero aspettare che le autorità facessero giustizia, e decisero di armarsi di tanto odio e pallottole per radere al suolo la casa maledetta della famiglia Sawyer.

Dalla strage si salvò solo una bambina, che fu adottata da una coppia del luogo.
Molti anni dopo quella bambina, che ora fa di nome Heather (Alexandra Daddario) ha ricevuto in eredità dalla nonna la sua fatiscente tenuta, ed è intenzionata a riscattare tale bene immobiliare e a saperne di più sulle sue origini, fino a quel momento celate dai suoi genitori.

Non aprite quella porta 3D” è un film che non delude. Il plot narrativo appare convincente, e approfitta della parentela della giovane protagonista per permettere allo spettatore, qualora ignorasse la trama del film originale, di conoscere tanti (e nuovi) dettagli sulla vicenda che appassioneranno.

La violenza nel film non mancherà di certo, ma non viene mai proposta una quantità di sangue tale che possa provocare il classico svenimento inaspettato.
Le citazioni ed i richiami al film originale non mancano e sono entusiasmanti: vi basti sapere che l’attore che impersona “Leatherface” è proprio lo stesso del film cult, e la nonna della giovane protagonista femminile è la stessa interprete che nella pellicola di metà degli anni ’70 si salvò da quell’incubo.

Dettagli che non mancheranno di provocare un sorriso sornione a tutti coloro che andavano a letto, invece che con l’orsacchiotto, con una bella motosega.

Anche la terza dimensione non è un mero artificio per vendere un biglietto sovraprezzo, ma riesce a rendere le scene più profonde, e soprattutto riesce a far materializzare, più di una volta, l’arma di Leatherface proprio davanti ai nostri occhi.

Nulla di trascendentale, ma che di certo rende gli occhiali di plastica un mezzo per godersi qualche emozione in più.

Il plot narrativo non presta il fianco al mero “body count”, ovvero l’horror con decine e decine di cadaveri sparsi per lo schermo, ma vuole anche indagare sulla figura di questa inquietante famiglia e sulla popolazione locale, che diventa quasi più bieca dei Sawyer quando decide di bruciare la loro casa senza alcuna pietà.

Questo sequel appare curato dal punto di vista della regia e della sceneggiatura, e sebbene possa apparire controverso, per alcuni, come si sviluppa il personaggio di Heather verso la fine del film, lo spettacolo è di buona fattura.

Viene spontaneo associare la visione assieme ad un grosso barattolo di pop corn, per godere dello spettacolo dell’horror, uno dei generi cinematografici spesso più accattivanti al cinema.

Ma forse sarebbe meglio ingurgitare davanti al grande schermo patatine fritte immerse nella rossa salsa del Ketchup, così che possa richiamare il colore del sangue; proprio quello preferito dal Nostro Leatherface, che anche stavolta è protagonista del film, munito anche di una nuova faccia proprio per festeggiare l’occasione…

Dove vedere Non aprite quella porta 3D
COMMENTO
Non aprite quella porta 3D è un film che non delude. Il plot narrativo appare convincente, e approfitta della parentela della giovane protagonista per permettere allo spettatore, qualora ignorasse la trama del film originale, di conoscere tanti (e nuovi) dettagli sulla vicenda che appassioneranno.
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
non-aprite-quella-porta-3d-recensioneEra il 1974 quando il cinema conobbe l’orrore di “Non aprite quella porta”. Quel film, che vantava un budget limitato, riuscì a spaventare gli spettatori di tutto il mondo tramite la violenza espressa dalla famiglia texana dei Sawyer verso alcuni giovani ragazzi innocenti. Il film...