Forse nemmeno Ubisoft si sarebbe immaginata che la saga di Assassin’s Creed fosse così longeva, soprattutto pensando che nel mercato videoludico spesso tutto passa troppo velocemente, con la conseguenza che alcuni titoli, seppur di ottimo valore, non riescono a trovare lo spazio e la fama che meriterebbero.

Ma questo non è il caso del franchise della software house francese, che a partire dall’anno 2007 riesce ad intrattenere ed appassionare milioni di giocatori ambientando i suoi giochi in diversi periodi storici e riuscendo (almeno in parte) a differenziare ogni prodotto dal precedente.

Proprio parlando di differenzazione, Assassin’s Creed Odyssey vuole, in qualche modo, cambiare le carte in tavola, mettendo al centro della sceneggiatura lo spartano Alexios (oppure la combattente Kassandra, qualora scegliate una protagonista femminile), fuggito dalla sua terra natale a causa della guerra che imperversava nel 431 a.C.

NON PIU’ ASSASSINI, MA GUERRIERI

Giocando alla serie di Assassin’s Creed eravamo abituati ad impersonare aitanti assassini che potevano sfoggiare diverse armi per fronteggiare i loro oppositori. Basti pensare ad Altair, protagonista più amato di tutta la serie, che con un solo coltello poteva fronteggiare decine di nemici, contando soprattutto sulla capacità di eliminarli in modo silenzioso.

Alexios non è allenato ad uccidere. Quest’uomo, a cui il destino ha riservato un fato difficile da affrontare che lo ha costretto a fuggire dalle terre che lo hanno visto nascere, approda nelle terre greche quasi per caso, e trova rifugio grazie alle cure di uno sconosciuto.

Ma Alexios, da buon spartano, ha ricevuto comunque severi insegnamenti fin da bambino che lo hanno reso un ipotetico combattente. Un combattente che (per ora) non rischia la sua vita per la sua casa ormai lontana, ma per il vil denaro, spesso unico conforto in mezzo ad un mondo di uomini privi di amore.

LA SPLENDIDA GRECIA VIRTUALE

Da sempre la serie Ubisoft si è contraddistinta per la sua caratura tecnica diverse spanne al di sopra di molti prodotti videoludici dell’epoca. Ancora oggi, qualora vi imbatteste in un video del primo capitolo della serie vecchia ormai quasi dieci anni, potreste lo stesso apprezzare il lato tecnico.

Oggi, nell’anno domini dei videogiochi 2018, Ubisoft riesce lo stesso a riempire di gioia lo sguardo di tutti i giocatori, con una cura straordinaria per i dettagli e le costruzioni tridimensionali. La Grecia non è mai stata così viva in nessun videogioco esistente. Sembra quasi di sentire il profumo di salsedine dei flutti che si inerpicano sopra gli scogli e di toccare con mano la rigogliosa e colorata vegetazione greca.

Un lavoro eccellente, che si fregia anche di panorami mozzafiato che impreziosiscono ogni situazione che il giocatore vivrà con Alexios.  La incredibile vastità della mappa di gioco non permette al motore grafico tridimensionale di rinunciare al dettaglio, anche se il gioco purtroppo si prende fin troppi secondi per caricare tutte queste meraviglie tridimensionali.

Anche i personaggi di gioco possono vantare una ricca caratterizzazione del viso e delle relative ed innumerevoli espressioni diverse. Assassin’s Creed Odyssey, nei suoi filmati usati con la grafica del gioco, potrebbe apparire come un ipotetico film in ottima computer grafica.

NON CHIAMATEMI ACTION GAME, MA SOLO RPG

Assassin’s Creed Odyssey, proprio come alcuni capitoli precedenti (soprattutto pensando al buon Origins), sceglie di impostare un gameplay basato su di una forte componente RPG. Ovviamente ogni combattimento verrà gestito in tempo reale, ma tutte le personalizzazioni del caso, a partire dalle armi, le armature e gli altri innumerevoli aspetti che possono essere potenziati del protagonista, ricordano sempre di più realtà videoludiche come un certo The Witcher.

Questa scelta, assieme ad una struttura di gioco fortemente open-world, rendono questo Odyssey un gioco che sicuramente farà la gioia di tutti coloro che passerebbero ore a curare ogni aspetto del proprio personaggio virtuale.

Ma questo non deve impensierire tutti coloro che invece amano un approccio più elastico e maggiormente votato all’azione: Ubisoft ha previsto la possibilità di scegliere quale impostazione di gioco si preferisce, mettendo a disposizione una struttura che renda la crescita del proprio personaggio più semplice ed, in alcuni casi, automatizzata dal software di gioco. Una splendida idea per allargare il bacino di utenza del gioco.

MA QUANTO DURI?

La longevità è un concetto che non fa paura all’ultimo capitolo di Assassin’s Creed: sarà difficile completare il gioco impiegando non meno di quaranta ore, contando che l’avventura sarà piena di missioni extra da affrontare.

Una novità rispetto al passato, e stranamente criticata da parte dell’utenza, è la possibilità di avventurarsi nelle sub-quest solamente quando il livello del nostro personaggio è adeguato alla difficoltà della missione stessa. In pratica, qualora Alexios abbia un livello pari a 5 ed il gioco indica che la missione che volete affrontare richiede il livello 8, questa sarà impossibile da intraprendere.

Un’idea intelligente, che peraltro non permette al giocatore di frustrarsi avventurandosi in sub-quest che rappresenterebbero solo un classico “game-over”. Game Over che è abbastanza facile da raggiungere, vista la difficoltà alta degli scontri con i nostri nemici.

Il sistema di combattimento, proprio come abbiamo visto in Origins, richiede un grande tempismo da parte del giocatore. Insomma, sembra che siano finiti per sempre i tempi in cui la proverbiale parata e schivata dei precedenti capitoli più di una volta ci permettevano di risolvere brillantemente ardui combattimenti.

Ora il nostro protagonista dovrà cercare un approccio stealth per non perire troppo presto e, qualora debba ingaggiare un combattimento, dovrà fare molta attenzione ai colpi inferti dal suo avversario.

Il nuovo sistema è tendenzialmente divertente e funziona, anche se potrebbe anche essere gestito con maggiore lentezza, per permettere di non basare il duello solamente su una mera questione di riflessi.

COMMENTO
Il lavoro dietro all’ultimo capitolo della (ormai) storica serie di Assassin’s Creed è mastodontico. Tutto il gioco, immenso nella sua durata e con una sceneggiatura che spesso farà emozionare il giocatore, è votato ad una grandissima cura generale. Dagli accorgimenti più marginali che già abbiamo conosciuto negli altri episodi , come la capacità di viaggiare automaticamente da un punto all’altro della mappa, fino alle grandissime cure riposte nel gameplay, Assassin’s Creed Odyssey non può essere reputato niente di meno che un grande colossal videoludico. Le decine di missioni extra, sebbene non tutte così brillanti (difetto spesso riscontrabile dentro progetti così enormi) rendono il gioco una esperienza ragguardevole. E’ immensamente piacevole tornare a solcare i mari con le battaglie navali, che infervoreranno il giocatore dall’anima piratesca (e spezzeranno il ritmo di gioco alla grande). Tutto è stato curato all’inverosimile, pensando anche al ritorno dell’aquila (di nome Icaro stavolta) per poter visualizzare la mappa da una prospettiva in volo, utilissima per studiare il territorio nemico ed organizzare così la rappresaglia nel migliore dei modi. L’ultimo Assassin’s Creed è un gioco che ama l’approccio open- world ed è fortemente RPG. Ma Ubisoft plasma anche il concetto di gioco di ruolo, perché il gioco permette, con un livello di difficoltà ad hoc, anche a coloro che non amano all’inverosimile questo approccio ludico di poter godere lo stesso l’avventura greca. I difetti? Pochi, pochissimi. Forse sarebbe stato più piacevole avere meno missioni a disposizione ma più originali , ed il sistema di combattimento in parte deve essere ancora affinato. Ma il resto, signori, è pura potenza narrativa gestita attraverso il fragoroso medium chiamato videogioco.
8.6
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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