Nel nuovo film Netflix in uscita il 21 maggio Las Vegas è invasa da zombie famelici che, ovviamente, vogliono cibarsi di fresche e succulente carni umane.
Ma non è tutto, perché non saranno solo i non morti classici a mettere in pericolo la vita dei protagonisti del film, ma anche (e soprattutto) una nuova razza di esseri, veloci e letali, dotati di forza sovrumana e di una dentatura enormemente sviluppata e affilata.
Diretto da Zack Snyder, Army of the Dead prevede un ricco cast tra cui capeggia la figura di Scott Ward (Dave Bautista), un ex soldato che si è fatto valere in tante missioni ma che ora ha dovuto cambiare totalmente vita.
Al momento Las Vegas è ridotta ad una piccola fascia di terra delimitata da confini artificiali, indispensabili per non fare entrare i pericolosi zombie.
Il nuovo impiego di Scott è quello di cuoco in una squallida tavola calda, dove passa le giornate intere a cuocere hamburger.
Per fortuna l’uomo non è solo, perché a Las Vegas vive anche la figlia Kate (Ella Purnell), con cui ha un rapporto difficile a causa della prematura perdita della madre.
BRUTTI, MORTI E CATTIVI
L’incipit di Army of the Dead mostra in pochi minuti qual è stata la causa che ha provocato questa pandemia di zombie.
Dopo un banale e grave incidente stradale in piena notte, veniamo subito a conoscenza di una spaventosa figura che è riuscita in modo fortuito a tornare libera.
Il buio della notte è ideale per infondere un discreto pathos mentre osserviamo alcuni soldati morire sotto il giogo della forza sovrumana di questo pericoloso essere, che dopo aver abbattuto facilmente i suoi avversari può girare liberamente per la città.
Il dado è tratto: in poco tempo Las Vegas si trasformerà in un covo di selvagge e violente creature che anelano solo al sangue fresco.
Con una trovata registica di grande effetto, Snyder in seguito mostra, avvalendosi della colonna sonora dell’immortale canzone di Elvis Viva Las Vegas e dell’effetto slow motion, l’invasione della città da parte di questi zombie, mostrando soprattutto il punto di vista di alcuni personaggi del film.
Durante queste concitate e drammatiche scene non vi sono dialoghi, e potremo osservare come Scott tenti di fuggire da centinata di non morti, sputando proiettili verso di loro con le armi a sua disposizione.
Oltre a Scott faremo anche la conoscenza di Vanderohe (Omari Hardwick), uomo robusto armato di una enorme sega circolare con cui ama fare a pezzi gli zombie.
Con un ottimo montaggio che infonde una convincente drammaticità alle scene, in pochi minuti lo spettatore conoscerà perfettamente gli avvenimenti che hanno portato Scott e gli altri personaggi ad essere costretti a vivere confinati in un piccolo lembo di terra.
Ma la vita riserva sempre delle sorprese inaspettate, anche se vivi in un posto che brulica di morti viventi. La proposta di Bly Tanaka (Hiroyuki Sanada), ricco boss di un casinò, potrebbe rappresentare una svolta per Scott.
Tutto quello che devono fare (e non è poco) è recuperare 200 milioni di dollari che si trovano in un caveau del casinò. Il luogo è pericoloso, perché si trova nella zona di quarantena in cui gli zombie si riuniscono.
E’ tempo di radunare al più presto una squadra di elementi pronti a tutto, e che non abbiano paura di sporcarsi le mani con sangue marcito di cadaveri che ancora deambulano.
TANTO RUMORE PER NULLA
A questo punto inizia la fase centrale del lungo film di Snyder, che offre ben due ore e vent’otto minuti di visione. Centoquarantotto minuti in cui potremo godere di azione, ma anche di tanta superficialità narrativa.
Army of the Dead presenta un nutrito numero di personaggi caratterizzati bene, ma di cui alla fine si sa poco o nulla.
A partire da Vanderohe, che all’inizio del film sembra essere il classico eroe destinato a dare quel tocco di ironia e di “aurea fumettistica” a tutto il film con quella gigante sega che brandisce.
La sua arma la userà molto poco durante i suoi duelli e del suo passato non sapremo praticamente nulla. Vanderohe alla fine appare unicamente come un uomo scontroso e nerboruto, che parla troppo poco e che non riesce nemmeno ad essere sarcastico nel suo atteggiamento.
Anche Dave Bautista è sacrificato nel suo ruolo, che appare come quello di un semplice soldato silenzioso che cerca di aggiustare un disastroso legame con la figlia.
Con una così drammatica vicenda alle spalle di entrambi, risultano essere troppo pochi i momenti di dialogo con la ragazza che possano descrivere i loro stati d’animo; in questo modo il loro rapporto non lascia alcuna vera impronta emotiva.
Ma non sono solo loro due ad essere dei soggetti interessanti: l’amica di Scott Cruz (Ane de la Reguera) sembra nascondere sentimenti verso di lui, sentimenti che possiamo solo immaginare.
E ancora, Tig Notaro (Marianne Peters), donna perennemente con il sigaro in bocca, è meravigliosa con il suo atteggiamento cinico, di cui vorremmo sapere sicuramente di più; stesso discorso per il simpatico e gioviale Ludwig (Matthias Schweighöfer), imbranato ma abilissimo scassinatore.
Una serie di personalità potenzialmente accattivanti con cui si poteva costruire un plot carismatico, che invece si lascia sedurre unicamente da decine di scene action che mostrano i soliti combattimenti e sparatorie contro zombie e altre mostruosità.
Pensando proprio ai mostri, la sceneggiatura non prevede solo gli stravisti morti viventi, ma anche creature più intelligenti, che il film mostra chiaramente come una sorta di nuova razza.
Una razza che non è unicamente votata all’omicidio ma anche all’inevitabile procreazione. Un altro interessante aspetto della trama che purtroppo viene solo sfiorato dalla sceneggiatura svogliata.