La recensione di Alien: Romulus, nuovo film del franchise fantascientifico diretto da Fede Álvarez che racconta eventi accaduti tra il primo Alien e Aliens – Scontro finale.

Immaginate una colonia spaziale dove gli uomini vivono senza poter mai vedere il sole. In questo luogo nello spazio non esiste la luce e la famosa stella che ogni giorno brucia donando agli esseri umani calore non può essere scorta nemmeno in lontananza perché troppo distante.

È proprio in questo posto sempre buio che vive Rain Carradine (Cailee Spaeny), giovane colona spaziale che ogni giorno intraprende un duro lavoro in miniera per accumulare ore di lavoro affinché possa fuggire da questo oscuro luogo per raggiungere una destinazione in cui possa assaporare la luce diurna.

Rain non è sola in questa vita fatta di lavoro e fatica e può condividere il suo disappunto con i suoi colleghi e amici Kay (Isabela Merced), Navarro (Aileen Wu), Tyler (Archie Renaux) e Bjorn (Spike Fearn).

Tutti loro sono giovani anime perse nei meandri di questa terra che non è mai stata baciata dal sole e che conosce solo il buio.

Rain, proprio come i suoi amici, non può contare nemmeno sull’affetto di un padre o di una madre: i suoi familiari non ci sono più e hanno sacrificato la loro vita per un lavoro claustrofobico che riempiva loro i polmoni di una sostanza che li ha resi malati.

Anche se non ha una famiglia Rain vanta comunque un forte legame con Andy (David Jonsson), un ragazzo che non è possibile classificare propriamente come un essere umano ma che, tra una freddura e l’altra che ama raccontare a voce alta, sa dispensare amore proprio come tutti gli altri esseri cosiddetti umani.

SE NON C’E’ LUCE NON C’E’ VITA

È proprio mostrando questa colonia così triste che inizia Alien: Romulus. La scenografia, estremamente curata, riesce perfettamente a instillare nello spettatore una grossa sensazione di disagio mostrando diversi scorci di questo luogo ingoiato dal buio e contraddistinto da sporcizia e degrado.

Osservare questi ragazzi affrontare una quotidianità fatta di povertà e duro lavoro è annichilente, soprattutto quando si scorge il triste sguardo di Rain nel momento in cui capisce che non sarà facile lasciare questo inferno ove non ci sono nemmeno le fiamme a illuminare l’ambiente.

Se c’è una cosa che non è ancora sopita in questi giovani però è la speranza, speranza che sembra prendere forma attraverso l’occasione di partire per un altro posto approfittando di una stazione spaziale abbandonata che al suo interno ha tutto quello che serve per intraprendere un viaggio verso un posto migliore.

Un’occasione che non può essere sprecata: Rain e il suo gruppo di sfortunati amici decidono senza indugio di raggiungere questa meta.

Recensione Alien: Romulus Isabela Merced in una scena

A UN CERTO PUNTO, L’ORRORE

La speranza, a volte, può anche prendere le sembianze di uno xenomorfo assettato di sangue. Sebbene fossero convinti di poter cambiare vita lasciando la nera colonia, Rain e il suo gruppo di amici invece devono fare i conti con una specie aliena che non conoscevano, altamente pericolosa e che al posto del sangue ha un acido altamente corrosivo.

È proprio all’interno di questa stazione spaziale, denominata Romulus, che i nostri protagonisti vengono a contatto con i terribili alieni che ogni amante della fantascienza e del buon cinema in generale conosce perfettamente.

Se prima Rain doveva lottare per fuggire da un posto malsano e opprimente, ora deve affrontare una prova ancora più difficile, che la vede impegnata nel cercare di non morire per mano di orribili creature che sembra desiderino solo uccidere e sfruttare il loro corpo per moltiplicarsi.

Recensione Alien: Romulus lo xenomorfo in una scena

UNA RILETTURA DEL FRANCHISE IN PARTE DIVERSA

Dopo svariati film e spin-off, siamo abituati a vedere lo xenomorfo più famoso della storia del cinema mietere vittime all’interno di film più o meno riusciti.

Con l’avvento della computer grafica poi l’aggressivo alieno più volte è stato mostrato nella sua interezza, completo di spaventosi dettagli somatici che nei primi film di Alien non era possibile fare a causa dell’arretratezza degli effetti speciali.

Girare un film che si concentrasse solamente sulla battaglia tra i malcapitati di turno e gli alieni sarebbe stata una decisione controproducente, e proprio per questo Alien: Romulus decide saggiamente di presentare una sceneggiatura che dà spazio non solo agli xenomorfi ma anche alla storia di Rain e Andy, quest’ultimo visto come un ipotetico fratello da questa ragazza.

L’importante personaggio di Andy non vuole solo rappresentare il catalizzatore di forti emozioni che il pubblico più empatico potrebbe provare vedendolo inerme di fronte a situazioni pericolose, ma riesce anche a fare luce sull’attualissimo dibattito sull’intelligenza artificiale e come questa potrebbe, in un futuro molto vicino, creare esseri senzienti.

D’altronde, raccontando eventi legati anche al film Alien del 1979, è facile per Alien Romulus mettere in scena i cosiddetti “sintetici”, creature dalle fattezze umane ma che rispondono ai voleri di un vero e proprio software programmato con diversi dettami da seguire pedissequamente.

Il passato che incontra il presente, si potrebbe dire: quello che il cinema della fine degli anni settanta aveva profetizzato si sta avverando e la sceneggiatura di Alien: Romulus ne approfitta per rielaborare il tema servendosi del legame affettivo tra Rain e il buon Andy.

Recensione Alien: Romulus Cailee Spaeny in una scena

UN VERO HORROR?

Fin dalle prime notizie apparse in rete sembrava che questo nuovo film di Alien volesse offrire una messa in scena tipicamente horror, proprio come abbiamo saggiato nel remake de La casa datato 2013 sempre diretto da Álvarez.

La verità è in parte diversa: Alien: Romulus, sebbene non rinunci a mostrare scene tipicamente gore, non esagera mai in virtuosismi horror che fanno uso di litri di sangue finti.

Quello che Alien: Romulus in verità vuole sottolineare è l’incredibile istinto di sopravvivenza che contraddistingue queste aggressive creature spaziali.

Gli xenomorfi in Alien: Romulus più che uccidere in modo indiscriminato vogliono entrare dentro i corpi degli esseri umani e colonizzarli con le loro uova, affinché nascano altre creature e la loro stirpe possa continuare.

D’altronde la stazione spaziale Romulus oramai è deserta e queste creature non possono perdere la possibilità di crescere dentro un nuovo organismo umano per proliferare nuovamente.

Proprio per questo la cinepresa di Álvarez in Alien: Romulus vuole catturare soprattutto il momento in cui gli alieni compiono il fatidico bacio della morte sul viso della vittima e quando una nuova vita aliena esce dal corpo di un essere umano.

Recensione Alien: Romulus David Jonsson in una scena

Oltre alla loro incredibile capacità di riprodursi approfittando di un corpo ospite, Alien: Romulus vuole anche dare risalto alla più grande arma che questi alieni hanno: il loro sangue acido.

Proprio servendosi delle terribili capacità distruttive di questo liquido che riesce a perforare il metallo in pochi secondi, il film costruisce una scena originale e coinvolgente che, da sola, potrebbe valere l’acquisto del biglietto del cinema.

L’alieno in sé e il suo corpo sinuoso e veloce che si sposta nei meandri della stazione abbandonata è ritratto, dopotutto, ben poche volte.

Fede Álvarez sceglie di riprendere le creature spaziali soprattutto attraverso primissimi piani, per mettere in risalto la sua terribile indole e, forse, per rendere omaggio ai tempi in cui i mostri dei film erano creati da artigiani e non da grafici del computer.

Dove vedere Alien: Romulus
COMMENTO
Raccontando eventi intercorsi tra Alien e Aliens - Scontro finale, Alien: Romulus non rinuncia a mostrare chiari riferimenti ai film precedentemente citati, ma riesce anche a dare una lettura molto personale alle vicende di Rain e dei suoi amici. Oltre a mostrare la lotta senza indugi di questi giovani con gli xenomorfi, il film di Fede Álvarez vuole anche fare luce sulla delicata questione dell’intelligenza artificiale e come questa molto presto possa generare creature senzienti. Attraverso il personaggio di Andy si possono scorgere molte tematiche che affrontano il tema del razzismo verso esseri che non sono umani e come l’affetto verso di loro possa essere spesso autentico, se non superiore, a quello generalmente provato verso gli esseri umani. Ma non è solo questo il tema di Alien: Romulus, perché la qualità di vita di Rain e dei giovani personaggi del film potrebbe essere accostata a quella di tanti adolescenti di oggi, in balia di un mondo che offre un futuro drammaticamente incerto. Come ho detto in fase di recensione, Alien: Romulus non vuole mettere al centro dell’attenzione solo l’aggressività degli xenomorfi, ma anche e soprattutto come questi provino instancabilmente a riprodursi attraverso il corpo umano per una ovvia volontà di sopravvivere all’estinzione. Con una sceneggiatura così ricca di spunti narrativi, Alien: Romulus si presenta come un film inedito che riesce intelligentemente a sfruttare gli elementi propri dei film del franchise di Alien in modo intelligente.
7.8
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Luca Spina
Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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