In arrivo il 2 novembre 2023 su Netflix, Tutta la luce che non vediamo è una nuova miniserie tratta dal romanzo bestseller di Anthony Doerr.
La storia segue una ragazza non vedente Marie-Laure (Aria Mia Loberti) e suo padre Daniel LeBlanc (Mark Ruffalo), intenti a fuggire da Parigi con in mano un preziosissimo diamante che, a detta di un’antica leggenda, sembra che abbia poteri incredibili.
La capitale francese è sotto assedio nazista, e i suoi abitanti non possono fare altro che scappare oppure provare a vivere una vita fatta di stenti e di incondizionata ubbidienza verso il tirannico esercito tedesco.
Questa pietra preziosa è desiderata ardentemente da un crudele ufficiale della Gestapo, che ha tutto l’interesse a impossessarsi di questo oggetto per tentare di sanare alcuni gravosi problemi personali.
Daniel e Marie-Laure, braccati da questo nazista, trovano rifugio nella piccola cittadina portuale di St. Malo, ove abita Etienne LeBlanc (Hugh Laurie), zio di Marie-Laure che in gran segreto, attraverso trasmissioni radiofoniche, invia messaggi alla resistenza.
Proprio a contatto con lo zio la giovane figlia di Daniel inizia a conoscere le incredibili potenzialità di questo medium, che già da tempo sfruttava per intrattenersi e per ascoltare messaggi educativi e filosofici attraverso una trasmissione diretta da un uomo chiamato “il professore”.
IL CIELO PIANGE E LE SUE LACRIME SONO BOMBE
Fin dalle prime scene in Tutta la luce che non vediamo si respira un’aria coinvolgente e dalla grande portata emotiva.
La cinepresa riprende con diverse angolature gli enormi e minacciosi aerei da caccia americani che sganciano le bombe sul piccolo agglomerato urbano di St. Malo.
È sera quando queste bombe vengono lanciate sul posto; il loro brillare a contatto con gli obiettivi sprigiona fuoco e fiamme che rendono il paesaggio pieno di luci e suggestivo.
Questi ordigni vengono utilizzati per colpire l’esercito nazista, che da troppo tempo spadroneggia in questa deliziosa cittadina francese bagnata dal mare.
L’intervento della forza militare americana rappresenta la salvezza per tutti i cittadini francesi e per la stessa Marie-Laure, una ragazza cieca che ha imparato a vedere ascoltando i suoni e che ora dentro di sé cova una inaspettata speranza per il futuro.
Marie-Laure si ritrova sola dentro una casa, circondata da mura che sembra possano sbriciolarsi da un momento all’altro a causa delle fortissime vibrazioni delle esplosioni.
Sebbene non abbia compagnia, Marie-Laure si consola con la sua amata radio, strumento da lei preferito per ascoltare il mondo esterno.
La ragazza non è l’unica ad indossare cuffie e sentire voci nell’etere, perché anche un giovane soldato nazista di nome Werner (Louis Hofmann), è impegnato ad ascoltare voci nella notte.
VITTIMA DEL SUO INNATO TALENTO
Werner è, assieme a Marie-Laure, il personaggio più importante della serie Netflix Tutta la luce che non vediamo . Il giovane è un brillante tecnico che riesce a riparare una radio in pochissimi secondi, un talento che non poteva non essere sfruttato dai nazisti.
Proprio per questo Werner passa i migliori anni della gioventù in un campo di addestramento nazista piuttosto elitario, in cui si formano i migliori soldati del Reich.
Questa esperienza per Werner è impegnativa, perché gli allenamenti a cui si sottopone sono incredibilmente faticosi e, soprattutto, gestiti da educatori privi di pietà e dai modi spesso disumani.
Il ragazzo, suo malgrado, diventa un soldato nazista, che può sfruttare l’amore per la radio solamente come mezzo per cercare di scovare trasmissioni radiofoniche perpetrate dalla resistenza.
Da quando Werner ode per la prima volta la voce di Marie-Claude in radio, il timbro della ragazza deciso, ma anche dotato di una innata delicatezza, rapisce il soldato tedesco, che sente da subito nei suoi confronti una innata affinità intellettuale.
MARK RUFFALO E ‘ UN PADRE ECCEZIONALE
L’impavida Marie-Laure è un personaggio che viene presentato nella serie Netflix spesso accanto alla figura di suo padre, interpretato da Mark Ruffalo.
Il ruolo di Ruffalo è quello di un uomo appassionato di arti e della cultura in generale, che lavorava felicemente in un museo parigino prima di dover cambiare per sempre la sua vita a seguito della crudeltà dei nazisti.
Daniel LeBlanc è un personaggio che dona un infinito amore nei confronti di sua figlia, che ha reso la ragazza allegra e mai soggiogata dai disagi del suo handicap.
L’uomo fin da quando Marie- Claude è piccola si è speso con infinita pazienza a rendere la vita della figlia il più normale possibile, aiutandola ad approcciarsi nel migliore dei modi con il mondo esterno attraverso una puntuale memorizzazione degli ambienti, per rendere questi ultimi riconoscibili nella sua mente anche se non vengono visti direttamente dai suoi occhi.
Il messaggio che segue dall’educazione di Daniel è che, pur essendo non vedente, la figlia è capace lo stesso di vedere la grande luce che emanano i concetti di amore e di conoscenza, due concetti che albergano nella sua anima.
Sono spunti di natura filosofica di non poco conto, che verranno ulteriormente approfonditi attraverso i dialoghi che Marie- Claude affronterà con suo zio Etienne, un uomo di grande ispirazione che vanta un passato da grande combattente e che ora è impegnato a duellare quotidianamente con i suoi demoni interiori.
UNA BUONA (MINI) SERIE CHE POTEVA ESSERE UN OTTIMO FILM
Dopo aver visionato la serie Tutta la luce che non vediamo è risultato indubbio come quest’ultima possa vantare una realizzazione curata, offrendo evocative scenografie, una buona e accorata recitazione degli attori e una vivace regia.
Quello che mi ha lasciato dubbioso, dopo che ho terminato l’ultimo episodio, è lo scarso coinvolgimento emotivo che complessivamente ho provato.
Un sentimento che era in forte contrasto con tutta la messa in scena che, come ho detto poc’anzi, vanta un’ottima realizzazione.
Dopo averci riflettuto sono riuscito a comprendere quale poteva essere l’unico grosso problema con questa miniserie Netflix: la sua suddivisione in più puntate, che rende l’afflato emotivo molto meno preponderante rispetto ad una visione globale come poteva essere nel caso di un lungometraggio.
Tutta la luce che non vediamo è uno show che racconta di un numero limitato di personaggi, che si muovono inoltre in ambienti spesso sempre uguali.
Una caratteristica della serie Netflix che si scontra con il formato seriale che, differentemente, dovrebbe approfittare della sua narrativa episodica proprio per introdurre situazioni e personaggi eterogenei che possano dare forma a un racconto stratificato che giustifichi il differente numero di puntate.
Con quattro episodi in totale, trovo che Tutta la luce che non vediamo perda la sua continuità narrativa e rinunci così a trasmettere forti emozioni, perché queste ultime sono diluite e frazionate in quattro diversi appuntamenti.