Diretto da Brando Lee, Don’t Look at the Demon racconta delle disavventure soprannaturali della “Skeleton Crew”, una squadra americana di investigatori sul paranormale che ha un discreto seguito in televisione.

Capitanati dalla medium Jules (Fiona Dourif) e Matty (Jordan Belfi), gli Skeleton Crew sono costantemente alla ricerca di prove tangibili dell’esistenza di fantasmi e di qualsiasi altra esperienza che travalichi la dimensione terrena.

Oltre a riprendere con le loro telecamere eventuali fenomeni paranormali per mostrarli in televisione attraverso il loro programma, Jules e Matty offrono anche aiuto a chi ha problemi con gli spettri.

Dopo aver assistito alla creazione di un complesso rituale religioso in Malesia, la troupe decide di recarsi a Fraser’s Hill per prestare aiuto a Ian e Martha (William Miller e Malin Crépin), i proprietari di una casa che sembra essere infestata.

Arrivata sul posto, Jules non capta alcuna forza negativa dentro questa enorme villa. Un accadimento molto strano, perché la ragazza aveva chiaramente sentito delle forti emozioni mentre leggeva l’accorata mail di aiuto di questa sfortunata coppia.

MAI FIDARSI DELLE APPARENZE

Questa lussuosa villa sembra essere un posto sicuro. Non era mai capitato a Jules di provare sensazioni che poi si sarebbero rivelate fallaci.

La ragazza si reca inutilmente in ogni stanza della casa alla ricerca di qualsiasi segnale che possa dimostrare come in questo luogo vi siano forze maligne.

Proprio quando Jules stava per abbandonare questo posto di primo acchito sicuro, all’improvviso si palesano angoscianti rivelazioni che danno inizio a una delle più incredibili esperienze soprannaturali che la ragazza abbia mai vissuto, che la metteranno di fronte anche ai suoi terribili fantasmi del passato.

Quella che sembrava una casa che non nascondesse forze maligne si trasforma in un luogo tremendamente pericoloso e occupato da innumerevoli apparizioni spettrali mosse da profondi moti di violenza e acredine.

Ambientato interamente all’interno di questa grande abitazione, Don’t Look at the Demon si serve dell’incessante lotta di Jules contro queste minacce ultratrerrene per far riemergere il torbido passato della ragazza, fatto di un’angosciante esperienza che ha segnato per sempre la sua esistenza.

Recensione Don’t Look at the Demon scena di una preghiera

UN HORROR NON PRIVO DI DIFETTI

Don’t Look at the Demon  presenta una sceneggiatura tutto sommato originale, che descrive agghiaccianti rituali che coinvolgono vittime innocenti e tremendamente indifese.

Una tematica che inoltre approfitta del setting malesiano per raccontare una storia a tratti inedita per questo genere di film horror, che presenta vicende che coinvolgono il solito prete che si serve dell’iter cristiano esorcista per combattere entità maligne.

Il film di Brando Lee è avulso da queste canoniche raffigurazioni horror cinematografiche tipicamente occidentali, e si serve di figure più atipiche per orchestrare la lotta del bene contro il male.

Un’idea che, sebbene possa inizialmente spaesare lo spettatore, si rivela essere ben congegnata.

Recensione Don't Look at the Demon Fiona Dourif in una scena

Di fronte a un plot di base funzionale, purtroppo Don’t Look at the Demon  presenta anche alcuni difetti che non la rendono una pellicola irrinunciabile.

A cominciare da alcune scene forzate che vogliono introdurre, risultando fuori luogo, tensioni sentimentali tra Jules e Matty, fino ad arrivare agli effetti speciali digitali che, pur essendo piuttosto semplici, appaiono dozzinali nella loro realizzazione.

Discorso diverso quando Don’t Look at the Demon  mostra alcuni siparietti splatter: in questo caso gli effetti appaiono abbastanza convincenti.

Don’t Look at the Demon  è un film non privo di spunti interessanti, ma che denuncia alcune ingenuità narrative che purtroppo ne minano la qualità complessiva, rendendolo un lungometraggio che, a fronte di alcune potenzialità, non riesce a primeggiare nell’affollato genere di film horror che trattano di esorcismi.

Dove vedere Don't Look at the Demon
COMMENTO
Don’t Look at the Demon si presenta come un horror semplice ma che presenta una storia dai toni abbastanza originali, soprattutto pensando alla scenografia malesiana, che fa uso della cultura del luogo per mostrare rituali religiosi contro il maligno che non si vedono spesso in film del genere. In Don’t Look at the Demon non comparirà il tipico prete vestito di nero armato di crocifisso e di acqua santa, ma avremo un personaggio ben distante dall’immaginario tipico cattolico. Una scelta che dona alla sceneggiatura del film una certa personalità. Purtroppo il film di Brando Lee, allo stesso tempo, presenta alcune fragilità narrative che potrebbero deludere lo spettatore, che spesso si chiederà perchè ha assistito ad alcune scene, inserite all’interno del film per motivi francamente misteriosi. Sebbene Don’t Look at the Demon incentri la sua storia su pratiche che non comprendono la religione cattolica, in alcuni momenti comparirà anche il sacro crocifisso. Una scelta che vuole introdurre alcune scene leggermente blasfeme, che però non riescono a essere troppo impressionanti, dal momento che le decine di film a tema che hanno preceduto Don’t Look at the Demon hanno osato di più. Insomma, tutti i cultori del genere sono abituati a molto peggio. Con un finale che presenta addirittura un duplice colpo di scena, Don’t Look at the Demon riesce, nel complesso, a superare leggermente la sufficienza, presentandosi come un horror che, magari per curiosità, molti appassionati potrebbero voler vedere.
6.3
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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