Il regista Luca Guadagnino con We Are Who We Are dirige per la prima volta una serie televisiva. Lo show Sky-HBO, formato da otto episodi in totale, racconta di Fraser (Jack Dylan Grazer), un quattordicenne che si trasferisce da New York in una base militare italiana in Veneto con la madre Sarah (Chloë Sevigny) e la sua compagna Maggie (Alice Braga).

Sarah ricopre l’importante ruolo di colonnello e condivide le sue esperienze lavorative con Maggie,  anch’essa in servizio nell’esercito americano. Timido ed eccentrico, Fraser dovrà ricostruire da capo tutta la sua vita sociale in un paese sconosciuto e completamente differente da New York.

Le esperienze del ragazzo dovranno essere vissute con il suo gruppo di pari attraverso due realtà del tutto dissimili: quella all’interno della basa militare, in cui vigono le regole e le leggi americane, e l’altra italiana, estremamente appetibile perché fatta di uno stile di vita meno severo, soprattutto con chi non ha raggiunto la maggiore età.

ITALIA E AMERICA: DUE PAESI DIFFERENTI, UN’ANIMA IN COMUNE

Fin dalla prima puntate di We Are Who We Are è chiaro come la regia di Luca Guadagnino punti ad una rappresentazione realista dei posti dove Fraser vivrà. La cinepresa riesce a rendere reali e tangibili gli approcci di Fraser con questi nuovi ambienti mostrando dettagliatamente tutti  i nuovi luoghi che compongono l’inedita realtà italiana del ragazzo.

L’occhio della cinepresa riprende  le nuove stanze dell’appartamento della famiglia di Fraser servendosi di alcuni dettagli per dare una dimensione abitativa a quel posto che appare di primo acchito anonimo; anche gli esterni della base americana sono incorniciati dall’attenta regia, che si sofferma sugli ampi cortili ove si allenano i soldati marciando inesorabilmente.

Appare chiaro come la base americana possa essere definito un non-luogo, asettico nell’arredamento dei suoi uffici come nei posti dove i ragazzi prendono confidenza con le materie scolastiche. Tutti gli spazi appaiono minimalisti nel loro design, in totale controtendenza con quello che offre il panorama veneto marittimo.

La base americana è un piccolo scorcio di America, con usi e costumi del popolo yankee che vengono riproposti anche in questo micro-cosmo: se, per esempio, Fraser vuole comprare dell’alcool in uno spaccio, non è possibile farlo. Le leggi americane parlano chiaro, il ragazzo è troppo giovane.

Ma basta che si varchi il cancello e dopo pochi metri qualsiasi supermercato potrà vendere birra, vino e alcolici anche ad un quattordicenne. Una magia questa che dà il giusto slancio emotivo a Fraser, pronto a fare amicizia con alcuni suoi coetanei.

UNA GIOVENTÙ’ VITALE

Fraser non ci metterà molto a entrare in contatto con altri adolescenti che abitano la base militare. Proprio di fronte alla sua nuova abitazione abita Caitlin (Jordan Kristine Seamón) ragazza da un carattere forte che sembra avere molto in comune con Fraser, soprattutto pensando al complesso periodo che entrambi stanno passando, il quale impone loro di decifrare le innumerevoli pulsioni sessuali che provano.

Sarà proprio Caitlin che introdurrà Fraser nel suo gruppo di amici. Il ragazzo ha un carattere difficile da comprendere anche perché prettamente anticonformista, a partire dal suo strano look contraddistinto da t-shirt che ritraggono immagini inusuali.

Sarà proprio “T-Shirt” (maglietta nel doppiaggio in italiano) il soprannome che gli altri ragazzi affibbieranno a Fraser. Sebbene all’inizio sembri il contrario, il comportamento dei giovani si rivelerà essere tollerante con il carattere chiuso del ragazzo, in nome di una fratellanza implicita che coinvolge tutti loro, figli di genitori che spesso devono cambiare paese dove vivono a causa della carriere militare dei loro genitori.

Oltre al fratello di Caitlin, Danny (Spence Moore II), fanno parte del gruppo personalità differenti e ben assortite, pensando soprattutto a Britney (Francesca Scorsese), giovane con un’intelligenza vivace che vive la sua sessualità senza alcun pregiudizio e Sam (Ben Taylor), il ragazzo di Caitlin che esprime una certa gelosia tipica della sua età ancora immatura. All’interno del gruppo dei pari vi sono anche giovani italiani, come il diciottenne Enrico (Sebastiano Pigazzi) e Valentina (Beatrice Barichella).

Una varietà di caratteri e culture che impreziosiscono le giornate vissute da Fraser, alle prese con esperienze spesso estremamente divertenti. E’ il periodo estivo, e questo permette ai ragazzi di approfittare della spiaggia e del mare per mostrare non solo i loro corpi ma anche i loro segreti inconfessabili  per cercare di vivere esperienze di formazione.

Dove vedere We Are Who We Are
COMMENTO
Luca Guadagnino sembra essere a suo agio con la direzione della sua prima serie televisiva, offrendo una regia asciutta e meticolosa, che sappia ricreare alla perfezione tutte le esperienze di Fraser e degli altri personaggi. E’ abile il regista a far immergere lo spettatore nell’atmosfera così particolare e a tratti estranea della base militare in cui ora vive Fraser. Gran parte della prima puntata è dedicata proprio a mostrare questi luoghi misteriosi per il ragazzo, compreso l’appartamento dove vivrà con la madre e la sua compagna. Una scelta artistica perfetta per permettere a chi guarda lo schermo di essere quasi nei panni di Fraser, ragazzo vittima del jet-lag e di una situazione familiare inusuale. Anche i sentimenti sono tratteggiati con dovizia durante le altre tre puntate della serie, sempre mostrando scorci di esperienze, sguardi e particolari che possano svelare il disagio e la confusione di ragazzi che stanno approcciando al loro corpo e alla loro sessualità per la prima volta. Non tutti, a dir la verità, perché alcune scene di We Are Who We Are mostrano chiaramente come il sesso per alcuni di loro sia un concetto da vivere libero e scevro da pregiudizi. I corpi nudi di alcuni ragazzi sostano davanti alla telecamera con nonchalanche, inneggiando ad una libertà di pensiero, prettamente giovanile, che è completamente priva di malizia e volgarità. Dopo aver finito di visionare queste quattro puntate, resta la curiosità nel continuare la serie, anche per vedere come la sceneggiatura mostri non solo tutti i dubbi esistenziali di Spencer e degli altri ragazzi, ma anche dei loro genitori, adulti non privi di frustrazioni impossibili da evitare con una vita senza una fissa dimora.
7.5
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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