Kreuzweg in tedesco significa Via Crucis, proprio quello che vive la povera Maria, ragazza adolescente vittima dell’educazione della sua famiglia cattolica fondamentalista della Fraternità sacerdotale di San Paolo (nome inventato), con la madre che più che amore materno riesce a dispensare con fermezza ed eccessiva severità solo i dogmi di una buona cristiana.
La vita di Maria deve essere dimessa. La ragazza si sta accingendo a compiere il sacramento della Cresima, e quindi vive un periodo ancora più intenso nel suo rapporto con la fede e con Dio.
Il fondamentalismo che vige nella sua famiglia è eccessivo, straripante nei suoi pregiudizi, e coinvolgono anche quelli relativi alla musica pop, il jazz oppure il gospel. Queste espressioni musicali sono viste come sonorità demoniache, proprio come succedeva decine di anni fa.
Kreuzweg – le stazioni della fede è un film che vuole candidarsi come una feroce critica al fondamentalismo religioso e agli eccessi che ne derivano.
La regia del film è fredda, con la telecamera che diventa solo un occhio discreto che vuole riprendere la vita di questa ragazza e la sua educazione fuori dagli schemi, in nome di una presunta condotta cristiana da seguire fino alla morte.
Le scene sono ricche di dialoghi, che possono essere quelli che il giovane prete rivolge a Maria ed a tutti gli altri candidati alla Cresima, oppure quelli della madre che sgrida la giovane ragazza perché ha l’intenzione di andare ad ascoltare il concerto Gospel di Christian, un nuovo amico a cui però non potrà mai dedicare delle attenzioni.
Le verbosità sono piene di presunti concetti solenni, che riempiono la bocca di personaggi che credono nella loro veridicità e non fanno altro che ripeterli a voce alta, con una presunzione mal celata, ai danni di ipotetici ragazzi e ragazze da indottrinare.
Il film struttura ogni esperienza di Maria proprio come quella che fece Gesù durante la sua Via Crucis, e saranno tutte, tranne l’ultima, le stazioni che l’innocente ragazza vivrà per poter apparire pura al suo Dio.
Maria appare disorientata, una vera e propria vittima sacrificale dei pregiudizi e delle assurdità concettuali che riempiono i discorsi di chi crede che le vera fede sia solo un sentiero fatto di peccati da assolvere e non della luce dell’amore.
La madre della ragazza è fredda, e il suo comportamento si distanzia da tutto quello che può apparire come un affetto materno. Il padre è un involucro fatto di silenzi. Il suo fratellino piccolo sembra soffra di una probabile forma di autismo, dal momento che non pronuncia una parola.
Sembra quasi che questa famiglia, funestata da una fede distorta, non abbia più parole da spendere, tranne per il personaggio di Bernadette , una ragazza francese che riesce ad essere l’unica che possa capire Maria nel migliore dei modi. Anche lei appartiene alla comunità di Maria, ma in Francia i suoi dettami sono meno rigorosi e meno oppressivi.
Ma la strada di Maria ormai è percorsa e non si torna indietro, in nome di una fede cieca che abbaglia la razionalità e che riesce ad essere così pericolosa da negare anche le gioie della vita.
Un film che non nasconde la sua denuncia esplicita, severa e senza alcuni pietismi, verso coloro che pensano di praticare un atto d’amore verso Dio ma che invece non fanno altro che farlo piangere lacrime amare.