Disponibile dal 26 maggio su Netflix, Il divin codino racconta per la prima volta, attraverso un film, la storia e la carriera dell’amato calciatore Roberto Baggio.
Dopo aver goduto del documentario e della serie che descrivevano i successi e la vita di Francesco Totti, tocca all’ex giocatore di Caldogno essere protagonista di un biopic, diretto da Letizia Lamartire.
Iniziando dagli esordi nella squadra del Vicenza fino all’importante esperienza che Baggio fece partecipando ai Campionati Mondiali del 1994, in cui l’Italia arrivò in finale contro il Brasile, Il divin codino intende rappresentare parte della lunga carriera del fuoriclasse, ma senza cercare di raccontare pedissequamente tutto il suo curriculum agonistico, anche perché in un’ora e mezza di durata sarebbe stato impossibile.
OTTO FIGLI E UNA GRANDE VOGLIA DI PRIMEGGIARE
Appena iniziato il film un efficace piano sequenza rappresenta con dovizia la numerosa famiglia Baggio. Sono otto i figli che popolano l’appartamento, tutti intenti a sedersi intorno alla tavola per iniziare a pranzare.
Iniziano le chiacchiere canoniche che i fratelli e le sorelle di Baggio intavolano, raccontando ai genitori le novità della loro giornata. Quando Roberto (interpretato da Andrea Arcangeli) prende la parola, annuncia con un filo di voce che la Fiorentina vuole che il ragazzo firmi un contratto con la loro società.
Questo non solo significa un lauto compenso annuale, ma anche l’esordio nell’agognata serie A. L’importante annuncio è l’occasione ideale per conoscere il carattere duro del padre Florindo (Andrea Pennacchi), che non esprime alcun eccessivo entusiasmo per l’incredibile ascesa sportiva del figlio.
Che diventi un importante calciatore o meno, Roberto non è superiore a nessun figlio, anche rispetto a quello che svolge un umile lavoro in fabbrica.
Florindo appare così una figura genitoriale severa e incapace di esprimere grande tenerezza: un uomo che con il suo comportamento avaro di esternazioni affettive ha plasmato molto il carattere del figlio Roberto, creando in lui necessariamente delle insicurezze che all’inizio della sua carriera non riusciva a sanare in alcun modo.
LA LEGGE DELL’ATTRAZIONE
L’esordio nella massima lega calcistica italiana è funestata da un grosso infortunio per Roberto Baggio, un infortunio che lo costringerà ad operarsi e a stare diversi mesi senza la possibilità di giocare in campo.
Una tortura psicologica per Roberto assistere a tutte le partite ma poter giocare solo una minima parte di esse.
La sua gamba, la parte del corpo che ha subito un trauma fisico, ci sta mettendo troppo a guarire completamente: sembra che il miraggio della serie B sia un’opzione fortemente realistica.
Inizia così una lunga fase di depressione per Baggio, un tunnel di sconforto da cui non riesce a uscire nemmeno attraverso l’amore della sua storica compagna Andreina (Valentina Bellè).
Come spesso accade nella vita, sarà un incontro puramente fortuito con un ragazzo che gestisce un negozio di dischi musicali a cambiare radicalmente la sua vita.
Quest’ultimo suggerirà a Roberto di provare ad avvicinarsi alla dottrina buddista, ideale per iniziare a conoscere tutti i benefici della tecnica meditativa e delle sue incredibili proprietà per riuscire a far si che i nostri obiettivi trovino riscontro nella realtà.
Incuriosito ma anche parecchio dubbioso, il calciatore inizia a praticare il buddismo, un gesto che lo farà diventare uno dei massimi sostenitori in Italia di questa religione, grazie alla quale è riuscito a curare tutti i suoi dubbi esistenziali e ritrovare un sorriso benefico che gli spalancherà le porte del successo calcistico.
UN RACCONTO CON PROTAGONISTA LA SUA VITA E NON SOLO IL CALCIO
Il divin codino è un film biografico che non ha alcuna intenzione di descrivere tutte le numerose vicissitudini calcistiche che ha vissuto il fuoriclasse Baggio.
Giocatore schivo ma che non aveva problemi a cambiare maglia per ragioni personali, Baggio durante la sua carriera ha militato in diverse squadre, fin troppe per essere raccontate attraverso un solo film.
La (giusta) scelta della sceneggiatura è quella di presentare un racconto cinematografico dai toni introspettivi, che possa far luce sul rapporto di Baggio con suo padre e con i suoi demoni personali, a partire da quello più grande, rappresentato da quel maledetto rigore sbagliato ai mondiali del 1994.
Lo ha dichiarato lo stesso Baggio: durante le partite e anche i suoi allenamenti, all’ex giocatore non è mai capito di sbagliare un rigore mandando la palla in direzione troppo alta rispetto allo specchio della porta.
L’unica eccezione, purtroppo, è rappresentata da quell’estrema punizione che calciò per ultimo in finale contro il grande Brasile.
Quella sfera di cuoio che ha deciso di prendere tale direzione anomala ha rappresentato il più grande cruccio per la carriera e la vita di Baggio, anche perché vincere contro la squadra carioca rappresentava per lui la possibilità di mantenere una promessa che fece al padre quando era ancora piccolo.
Una promessa che aveva il sapore di un grande riscatto agli occhi di quel pater familias che era fin troppo estraneo a comportamenti amorosi verso il figlio.
Sebbene Il divin codino non dia troppo spazio ad aneddoti prettamente sportivi, di certo non mancheranno diverse scene che ritraggono l’ex atleta in campo, con la cinepresa che spesso predilige riprendere i veloci movimenti delle gambe dei calciatori mentre inseguono il pallone sopra il familiare manto verde.