Si è detto e scritto di tutto su Hollywood e lo star system in generale. Il mondo dei divi del cinema americano è da sempre l’epicentro del successo e di un modus vivendi così particolare e fuori dagli schemi che è quasi impossibile da accettare per una persona che non frequenta quell’entourage.

Hollywood, la nuova miniserie di Ryan Murphy e Ian Brennan, vuole raccontare la storia di alcuni giovani ragazzi che, durante il difficile periodo del secondo dopoguerra, vogliono a tutti i costi diventare persone famose nel dorato mondo del cinema.

Costoro useranno tutti i mezzi possibili per cercare di raggiungere la vetta del successo e vedere così scritti i loro nomi nei titoli di coda di un film che riempie decine di enormi sale cinematografiche. Apparentemente non vi è nessun impedimento, morale o legale, che sembra possa fermare i protagonisti di questa serie televisiva nella loro corsa alla notorietà.

UN LAVORO DI RIPIEGO

Jack Castello (David Corenswet) è un giovane aitante che quasi tutti i giorni sosta davanti ai cancelli della casa cinematografica Ace Studios per cercare di comparire in qualche film famoso.

Jack cerca l’occasione della sua vita per farsi notare da qualche addetto dello spettacolo, e non vi è opportunità migliore che fare una comparsa in qualche film ad alto budget.

Il ragazzo purtroppo non è il solo che anela a comparire in alcune pellicole, e sembra che nessuno lo noti tra la folla. Lavorare come attore è un sogno nel cassetto che pare sia destinato ad esaurirsi, anche perché è bene che Jack trovi un lavoro fisso, dal momento che la moglie è in attesa di due gemelli che presto riempiranno il loro piccolo appartamento.

L’occasione lavorativa migliore che si presenta a Jack è quella di lavorare in una pompa di benzina gestita dall’estroso ed energetico Ernie (Dylan McDermott). Jack durante questa esperienza lavorativa potrà far amicizia con Archie, ragazzo di colore che spera di diventare uno sceneggiatore di successo.

SESSO E CLIENTELISMO, I MIGLIORI INGREDIENTI PER DIVENTARE QUALCUNO

Jack si accorge ben presto che la pompa di benzina di Archie, in realtà, è una  copertura per dar vita ad un altro business, illegale e decisamente più remunerativo.

Il ragazzo deve prendere una importante decisione che cambierà per sempre la sua vita, una decisione che cozzerà violentemente con qualsiasi concezione di moralità, soprattutto in quegli anni in cui la puritana America era ancora vittima dell’odio razziale e di spietati pregiudizi verso la differenza di genere.

La serie televisiva Hollywood inizia così a mostrare un plot in cui vengono esplicitamente raffigurati personaggi che abbandonano volontariamente il loro senso di moralità per abbracciare un modello di vita che preveda soldi e successo.

Il nuovo lavoro di Jack, inaspettatamente, gli aprirà le porte degli Ace Studios, grazie ad amicizie coltivate tramite la sua attività lavorativa praticata segretamente.

Una lezione che imparerà presto anche Archie, già avvezzo a vivere la sua sessualità clandestinamente, a causa di gusti sessuali che all’epoca venivano erroneamente reputati vergognosi.

HOLLYWOOD, UN MONDO CON LE SUE REGOLE

A questo punto la serie di Ryan Murphy spinge l’acceleratore per presentare svariate situazioni in cui la moralità è un concetto ben lontano dai palchi illuminati di Hollywood.

Jack sarà letteralmente sospinto in una girandola di situazioni dal dubbio valore etico, che gli apriranno la via di un potenziale successo. Non avrebbe mai immaginato che essere un buon attore, e studiare per diventarlo, sarebbero stati solo due miseri particolari rispetto a quello che conta di più: i meri favoritismi e le conoscenze importanti.

Le prime puntate della serie televisiva intrattengono con successo lo spettatore con un montaggio veloce e brillante, sorretto da una scoppiettante musica jazz. Ingredienti ideali per mostrare un plot vivace che chiaramente mostra come il concetto di giusto sia liberamente interpretabile da tutti coloro che lavorano nel magico mondo del cinema.

Sebbene di primo acchito le abitudini dei magnati dello spettacolo e dei famosi attori possano sembrare immorali, andando avanti con la visione si comprende chiaramente come invece il termine più congeniale sia amoralità, ideale per descrivere come a molti di loro manchi proprio la concezione di moralità, in nome di una vita vissuta in quella bolla di soldi, successo e comportamenti sregolati che è Hollywood.

IL RISCATTO DEI PERSONAGGI

Con la seconda parte della serie TV, tutti i personaggi principali si raggruppano assieme per partecipare ad un progetto lavorativo estremamente innovativo per l’epoca, epicentro di una rivoluzione culturale americana che grazie al cinema potrebbe far cambiare il giudizio di molti.

Durante queste puntate conosceremo anche l’orribile personaggio interpretato dalla star di Big Bang Theory Jim Parsons, che recita nel ruolo di Henry Willson, un agente dello spettacolo che ha deciso di soffocare la sua umanità e che ha l’abitudine di trattare i suoi clienti come oggetti dediti ai suoi appetiti sessuali.

Durante le ultime puntate della serie, ci si accorge come i comportamenti di quasi tutti i personaggi cambino radicalmente. In nome di un generale (e a tratti fuori luogo) riscatto morale, ognuno di loro sembra operare un inopportuno “mea culpa”, ideale per presentare una sceneggiatura che ora premia soprattutto i buoni sentimenti.

Questa novità rende lo spettatore leggermente spaesato, anche perché sembra quasi che tutte le regole dello star system vengano in qualche modo ridimensionate per dar luogo ad un generale comportamento bonario, che solo poche scene prima era contraddistinto da una sprezzante insensibilità e un enorme egocentrismo.

Jack e Archie ora sono circondati da un’aurea di intenso sentimento amicale tra di loro nonché verso i loro nuovi colleghi Raymond (Darren Criss), aspirante regista, Camille (Laura Harrier), talentuosa attrice di colore che odia i ruoli secondari da domestica che le affibbiano, e Claire (Samara Weaving), figlia del proprietario di Ace Studios, che vive un rapporto conflittuale  con la madre Avis ( la bravissima Patti Lupone). E non dimentichiamoci anche di Rock Hudson (Jake Picking), affettuoso ragazzone vittima dei comportamenti velenosi di Henry.

SCENOGRAFIA E CAST

Hollywood è una serie televisiva che, è bene sottolineare, presenta una realizzazione di primo ordine. A partire dalla scenografia realistica e ineccepibile, una  regia sempre perfetta nel risaltare tutte le emozioni che i personaggi manifesteranno davanti alla cinepresa, fino alla colonna sonora di chiaro stampo jazz,  adatta ad incorniciare quei frizzanti ed eccentrici anni che anticipavano rivoluzioni di costume.

Anche la stessa sigla di Hollywood è notevole, in cui tutti i personaggi principali scalano letteralmente la famosa ed enorme scritta “Hollywood”, icona di un mondo fatto di sogni ma anche di realtà meschine che fanno rabbrividire.

Le capacità attoriali del cast coinvolto sono sicuramente una spanna sopra rispetto a produzioni del genere, soprattutto pensando alla coppia formata da Dick (Joe Mantello) e Hellen (Holland Taylor), adorabili nella loro interpretazione di due personaggi pieni di sfumature caratteriali e debolezze da celare ai loro subdoli colleghi.

Jim Parsons ce la mette tutta per essere un uomo gretto, che ha volontariamente dedicato ogni giorno della sua vita al concetto di arrivismo, rifiutando ogni genere di umanità in nome del successo. L’ombra caratteriale di Sheldon, il personaggio che lo fece diventare famoso, sembra del tutto svanita, cosa ideale per far uscire il vero talento dell’attore.

Dove vedere Hollywood
COMMENTO
Il valore di una serie TV come Hollywood è oggettivo: oltre a presentare una sceneggiatura che sarà apprezzata da tutti i cinefili, mostrando il processo della produzione di un film che poi arriverà nelle grandi sale cinematografiche, Hollywood ha altri pregi importanti, come l’accurata realizzazione generale e il cast di talentuosi attori coinvolti. Purtroppo l’unico grande neo che può essere attribuito allo show Netflix è una sceneggiatura che dopo alcune puntate sembra quasi tradire la filosofia originaria, che era caratterizzata dalla chiara voglia di presentare un plot che si faceva beffe del politicamente corretto, tramite l’ausilio di esplicite (ma non volgari) scene sessuali e di un linguaggio a tratti scurrile. Tradimenti e rinunce alla profonda (e spesso distorta) moralità dell’epoca era il chiaro messaggio che voleva trasmettere Hollywood. Ma poi qualcuno è come se ci abbia ripensato, e rende la storia molto più digeribile per chi ama anche un po’ di sana retorica e buoni sentimenti. Un peccato, perché la serie di Ryan Murphy durante le prime puntate ci aveva fatto comprendere come gli odiosi comportamenti di Hollywood debbano essere accettati per quello che sono, un modus vivendi di un mondo racchiuso in una bolla di autocelebrazione, che (ri)modella la realtà secondo i canoni dell’universo fatato delle star del cinema.
7.6
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Luca Spina
Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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