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12 anni schiavo – recensione. solomon northup è un uomo che vive libero a new york. siamo nel 1841 e l’aggettivo “libero”, purtroppo, ha una sua grande valenza e fa la differenza tra una vita normale ed una in catene. l’america di quel tempo è divisa in due: una parte di essa ha deliberato in favore della libertà di uomini e donne di colore, mentre l’altra, nel sud, permette ancora che l’esistenza di un uomo sia caratterizzata da una frusta che lo punisca. solomon northup è un uomo libero, almeno finché non viene raggirato da due uomini che riescono a venderlo al mercato degli schiavi. i suoi documenti, gli unici che possano attestare che è un uomo che può fare quello che vuole della sua vita, sono scomparsi, proprio come la sua dignità da essere umano. inizia così il calvario di quest’uomo, che è costretto a non vedere per 12 anni la moglie e a lavorare nei campi della louisiana. la fatica è mischiata al sudore ed al sangue che le percosse dei “padroni” gli provocano. davanti ai suoi occhi, incredibilmente sofferenti e profondi nei primi piani che la regia dedica all’attore chiwetel ejiofor, c’è tutto l’abisso e l’incomprensione di un uomo che non riesce ad accettare uno scherzo del destino così atroce. ma solomon grazie a questa brutale esperienza riuscirà a capire come la cattiveria umana possa essere gestita attraverso una frusta ed una ipotetica superiorità razziale, in nome di leggi americane disumane. il film è schivo nel rappresentare la violenza e gli efferati gesti degli uomini bianchi: tutto si profila davanti alla telecamera tramite un silenzio rotto solo dagli effetti sonori della frusta e dalle urla delle donne costrette a nefandezze inimmaginabili pur di sopravvivere. la musica è timida e non si presenta molte volte alle orecchie dello spettatore. se lo fa, cerca di essere delicata, come se sembrasse turbata anch’essa di fronte a queste vili azioni che fanno parte della storia recente americana. sì perché la storia raccontata in questo film è vera, vera come la cattiveria e l’inspiegabile capacità umana di essere carnefice contro coloro che non hanno colpe, se non quella di avere un colore di pelle diverso. gli stessi uomini di colore, ora diventati schiavi, sanno essere distratti di fronte ad un loro simile che viene torturato, in nome dell’accettazione di questo status di vita. e non c’è peggior maledizione che riuscire a convincersi della propria colpevolezza anche se essa non esiste. questo è un altro lato psicologico ed emotivo che pervade il canovaccio del film. sebbene ci siano stati altri film che abbiano trattato la piaga della schiavitù, il merito di questo 12 anni schiavo è quello di aver scandagliato e compreso molti atteggiamenti che sussistono quando un uomo è privato di tutta la sua dignità e soprattutto è trattato come una vera e propria merce. gli uomini e le donne sono nudi mentre vengono scelti da un ipotetico compratore. i muscoli degli uomini simbolizzano un mezzo per portare ai danarosi compratori bianchi soldi facili nei campi di cotone. ma non solo. i seni e le gambe, nonché il sesso, delle donne di colore, hanno un’accezione più maliziosa per quegli uomini privi di umanità. un uomo non dovrebbe mai essere un oggetto. questo film riesce a veicolare questo messaggio denunciando tutte le pene che migliaia di esseri umani di colore hanno dovuto soffrire. e non è la denuncia il miglior mezzo di cui il cinema può avvalersi? dove vedere 12 anni schiavo. powered by justwatch
Solomon Northup è un uomo che vive libero a New York. Siamo nel 1841 e l’aggettivo “libero”, purtroppo, ha una sua grande valenza e fa la differenza tra una vita normale ed una in catene.
L’America di quel tempo è divisa in due: una parte di essa ha deliberato in favore della libertà di uomini e donne di colore, mentre l’altra, nel sud, permette ancora che l’esistenza di un uomo sia caratterizzata da una frusta che lo punisca.
Solomon Northup è un uomo libero, almeno finché non viene raggirato da due uomini che riescono a venderlo al mercato degli schiavi.
I suoi documenti, gli unici che possano attestare che è un uomo che può fare quello che vuole della sua vita, sono scomparsi, proprio come la sua dignità da essere umano.
Inizia così il calvario di quest’uomo, che è costretto a non vedere per 12 anni la moglie e a lavorare nei campi della Louisiana. La fatica è mischiata al sudore ed al sangue che le percosse dei “padroni” gli provocano.
Davanti ai suoi occhi, incredibilmente sofferenti e profondi nei primi piani che la regia dedica all’attore Chiwetel Ejiofor, c’è tutto l’abisso e l’incomprensione di un uomo che non riesce ad accettare uno scherzo del destino così atroce.
Ma Solomon grazie a questa brutale esperienza riuscirà a capire come la cattiveria umana possa essere gestita attraverso una frusta ed una ipotetica superiorità razziale, in nome di leggi americane disumane.
Il film è schivo nel rappresentare la violenza e gli efferati gesti degli uomini bianchi: tutto si profila davanti alla telecamera tramite un silenzio rotto solo dagli effetti sonori della frusta e dalle urla delle donne costrette a nefandezze inimmaginabili pur di sopravvivere.
La musica è timida e non si presenta molte volte alle orecchie dello spettatore. Se lo fa, cerca di essere delicata, come se sembrasse turbata anch’essa di fronte a queste vili azioni che fanno parte della storia recente americana.
Sì perché la storia raccontata in questo film è vera, vera come la cattiveria e l’inspiegabile capacità umana di essere carnefice contro coloro che non hanno colpe, se non quella di avere un colore di pelle diverso.
Gli stessi uomini di colore, ora diventati schiavi, sanno essere distratti di fronte ad un loro simile che viene torturato, in nome dell’accettazione di questo status di vita.
E non c’è peggior maledizione che riuscire a convincersi della propria colpevolezza anche se essa non esiste. Questo è un altro lato psicologico ed emotivo che pervade il canovaccio del film.
Sebbene ci siano stati altri film che abbiano trattato la piaga della schiavitù, il merito di questo 12 anni schiavo è quello di aver scandagliato e compreso molti atteggiamenti che sussistono quando un uomo è privato di tutta la sua dignità e soprattutto è trattato come una vera e propria merce.
Gli uomini e le donne sono nudi mentre vengono scelti da un ipotetico compratore. I muscoli degli uomini simbolizzano un mezzo per portare ai danarosi compratori bianchi soldi facili nei campi di cotone.
Ma non solo. I seni e le gambe, nonché il sesso, delle donne di colore, hanno un’accezione più maliziosa per quegli uomini privi di umanità.
Un uomo non dovrebbe mai essere un oggetto. Questo film riesce a veicolare questo messaggio denunciando tutte le pene che migliaia di esseri umani di colore hanno dovuto soffrire.
E non è la denuncia il miglior mezzo di cui il cinema può avvalersi?
Dove vedere 12 anni schiavo