Durante gli anni ’80 il manga di Hokuto no Ken ad opera di Buron Son e Tetsuo Hara fu una delle opere che lasciò il segno tra tutti i consumatori di fumetti orientali.  La sceneggiatura vedeva il protagonista Kenshiro, erede delle tecniche di arti marziali di Hokuto, lottare in uno scenario lacerato da guerre atomiche per poter riabbracciare la sua amata Juria (che conosciamo in Italia con il nome di Julia).

Il manga acquisì ancora più notorietà quando crearono la serie televisiva animata, impreziosita da una colonna sonora incredibile, che esaltava i momenti drammatici della storia di Ken come le scene in cui la sua rabbia dirompeva contro i suoi innumerevoli nemici.

Hokuto no Ken divenne in poco tempo la pietra miliare nel genere dei “cartoni animati” di azione e di arti marziali, forte soprattutto di una censura quasi inesistente dal momento che la serie comparve in Italia trasmessa da emittenti televisive minori che avevano meno pressioni in tal senso.

Era impossibile che anche il mercato dei videogiochi non desse attenzione alla storia del successore della Divina Scuola di Hokuto. Ma gli esperimenti videoludici non sempre ebbero risvolti positivi, con progetti che molto spesso non restituivano tutto il pathos dell’opera originale ma puntavano solo sulla rappresentazione della violenza e dei combattimenti.

Stavolta tocca al team di programmatori che hanno curato la serie Yakuza di Sega tentare di trasmettere le innumerevoli emozioni del manga e dell’OAV originale. Il loro approccio però è leggermente differente, perché hanno scelto di creare un videogioco che presenti una trama originale, che si collochi tra la prima e la seconda serie, e personaggi inediti che interagiscono con il combattente dagli occhi languidi.

Ma le differenze con altri videogiochi che si limitavano a seguire il plot originale dell’opera non sono finite, perché Fist of the North Star: Lost Paradise vuole spezzare l’enorme drammaticità di Ken Il Guerriero offrendo ai giocatori anche siparietti che possano divertire.

L’ODISSEA DEL GUERRIERO INNAMORATO

Sebbene la sceneggiatura sia a tratti differente, anche stavolta Kenshiro è alla ricerca di Julia, l’amore della sua vita che fu rapita da Shin, maestro dell’arte marziale  di Nanto. L’incipit è dunque sommariamente identico a quello che abbiamo goduto su carta e davanti al televisore, e servirà ai giocatori per prendere confidenza con i controlli del gioco.

Osservando Shin si capisce subito che, sebbene la trama del gioco sia inedita, i programmatori intelligentemente hanno scelto di inserire nella loro storia anche personaggi chiave dell’opera originale, per far emozionare l’appassionato di Ken il Guerriero al cospetto di presenze come l’amico Rei oppure il piccolo grande Bart.

Ma non ci saranno solo loro a far parte della storia: ce ne saranno molti altri, che ovviamente non svelerò per non rovinarvi la piacevole sorpresa di vederli comparire all’interno della misteriosa città di Eden.

UNA CITTA’ VIVA DENTRO UNO SCENARIO PIENO DI MORTE

Eden è un centro abitato che sembra magico: in uno scenario post-apocalittico, in cui trovare un bicchiere d’acqua è un miracolo, scovare un posto in cui vi è acqua corrente e cibo sembra un sogno. E così appare anche a Ken quando si imbatte in questo scenario paradisiaco proprio per cercare le tracce di Julia. Qua inizierà il fulcro della storia di Lost Paradise, con il combattente di Hokuto che intreccerà amicizie con i padroni di Eden, non prima di aver dimostrato loro la sua immensa forza.

Eden sarà il posto principale in cui Kenshiro vivrà, con innumerevoli abitanti virtuali che potrà aiutare in diversi modi, per poter così essere protagonista di innumrevoli di sub-quest che fanno parte del gioco, assieme  a mini-giochi che renderanno Ken un barista, un dottore ed un manager di un locale di incontri.

Scenari che l’appassionato del manga originale potrebbe non digerire per la loro rappresentazione umoristica, che rischiano di mettere in ridicolo il serioso successore della scuola di Hokuto. Ma non preoccupatevi, questi siparietti ludici possono essere evitati se proprio non avete voglia di osservare il granitico uomo di Hokuto che fa le veci a Tom Cruise mentre prepara i cocktail.

HAI TRE SECONDI A DISPOSIZIONE PER DIRE ADDIO ALLA TUA VITA

Un gioco di Kenshiro non sarebbe tale se non offrisse tutta una serie di combattimenti da vivere sfruttando le letali e fortissime tecniche di Hokuto. Lost Paradise sceglie una via tradizionale per controllare il personaggio mentre è impegnato a picchiare i suoi nemici. Kenshiro potrà muoversi liberamente mentre colpisce il prossimo, sfruttando calci e pugni.

Dopo una serie di attacchi, l’avversario entrerà in uno stato confusionale, che potremo sfruttare per infliggere maggiori danni contando sulle tecniche segrete di Hokuto, che basano la loro forza sugli Tsubo, punti di pressione del corpo umano che, se sollecitati nel modo giusto, portano quest’ultimo ad esplodere in mille pezzi.

Una volta che avremo premuto il tasto giusto sul pad il gioco mostrerà una serie di filmati precalcolati in cui il nostro Ken si potrà sbizzarrire in attacchi diversi; su schermo compariranno alcuni tasti da premere nel momento giusto, utili per infliggere maggiori danni all’avversario e far salire così l’esperienza del protagonista.

Le tecniche di Kenshiro potranno essere potenziate tramite dei particolari “Star Orb”, gemme che permettono di sbloccare nuovissime tecniche marziali e combinazioni letali. Ma non solo, perché Ken potrà contare anche su alcuni “Talismani del Destino”, vere e proprie mosse speciali che si rifanno alle peculiarità di decine di personaggi del manga originale.

YAKUZA VESTE I PANNI DI KENSHIRO

Lost Paradise utilizza l’engine di Yakuza 0, che riesce a restituire una tecnica grafica che premia l’uso di colori accessi associati all’utilizzo del cel-shading. Quest’ultimo è utilissimo per mostrare un taglio grafico che sembra quasi disegnato.

I personaggi principali sono decisamente dettagliati nelle loro fattezze, ideali per renderli subito riconoscibili dall’appassionato dell’opera originale. Discorso diverso per i fondali, che spesso appaiono poveri di dettagli e piatti nella loro rappresentazione, soprattutto pensando alle sezioni in cui potremo guidare un enorme Buggy e raggiungere posti altrimenti inaccessibili.

La distesa di sabbia è sempre uguale a se stessa, ed offre solamente la possibilità di incontrare vari teppisti in macchina per ingaggiare altri combattimenti, che purtroppo alla lunga diventeranno molto ripetitivi, specie se il giocatore in quel momento ha fretta di arrivare nel posto segnato sulla mappa virtuale.

Ma le lacune del gioco non finiscono qui, perché anche l’engine poligonale, sebbene non sia così complesso, offre comunque alcuni rallentamenti durante il gioco, vistosi in caso di alcuni importanti combattimenti.

I mini-giochi offerti durante l’avventura sono vari ed abbastanza divertenti, anche se rimane spesso fuori luogo la figura del serioso Ken vestito in giacca e cravatta intento a far divertire gli abitanti di Eden con allegre ragazze e tanto alcool. Una scelta coraggiosa quella dei programmatori, che però deve per forza confrontarsi con gli estimatori del materiale originale di Buron Son e Tetsuo Hara, molto drammatico e commovente e sicuramente lontano anni luce da questi siparietti umoristici.

COMMENTO
Fist of the North Star: Lost Paradise è un gioco profondamente imperfetto ma che potrebbe divertire ed esaltare l’appassionato della saga dell’uomo di Hokuto. E’ innegabile che incontrare i personaggi chiave della saga immersi in una sceneggiatura inedita (che sicuramente funziona) sia a dir poco stimolante per tornare ad accendere la console per continuare l’avventura. La grafica, sebbene non sia così complessa, è apprezzabile soprattutto per i particolari che arricchiscono il volto di Ken e le sue espressioni facciali. La vita virtuale dentro la città di Eden è ricca di cose da fare e di incontri particolari per l’uomo di Hokuto, che potrà usare le sue tecniche segrete per uccidere ma anche per curare i bisognosi. I combattimenti in cui partecipare saranno in tempo reale, scelta ideale per dare maggiore libertà al giocatore di impostare la tecnica marziale preferita, e le scene in cui Ken farà scoppiare letteralmente i suoi nemici sono divertenti. Certo, dopo centinaia di scontri, oramai l’elemento sorpresa innegabilmente decade, ma questo è un difetto proprio del genere dei picchiaduro. La modalità in cui Kenshiro può sbloccare tecniche letali nuove è un po’ confusionaria, e spesso si fa fatica a capire quale siano gli upgrade disponibili veramente, che porta il giocatore a provare un po’ tutte le opzioni a disposizione. Discorso differente per i Talismani del Destino, semplici nel loro uso e molto importanti per dotare Kenshiro di tecniche ancora più spettacolari. Il problema di Lost Paradise è anche la difficoltà: sebbene non sia così alta nella modalità normale, e questo non è un problema, andando avanti nel gioco e potendo contare su nuove mosse segrete, spesso si potranno usare tecniche scorrette (ma perfettamente leali durante il gioco) per avere la meglio anche contro avversari di notevole potenza. Lost Paradise è un prodotto insomma che non rinuncia a riempire il giocatore di tante opzioni diverse e funzionali per intrattenerlo e spesso emozionarlo, con una sceneggiatura che purtroppo rinuncia alle musiche originali della serie televisiva per rimpiazzarle con creazioni sonore appena sufficienti e purtroppo non ideali per trasmettere quel senso di drammaticità in cui Ken è sempre immerso. Da segnalare anche la completa assenza della lingua italiana, sia per il parlato che per i sottotitoli. Sembra chiaro che, assieme a tanto sangue e tanta violenza, il volere dei programmatori non fosse quello di commuovere i giocatori, ma solo di offrire una visione parzialmente alternativa dell’universo di Buron Son e Tetsuo Hara. Una mission che, almeno in parte, è riuscita perfettamente.
7.3
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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