Il quinto capitolo della saga action per antonomasia torna e stavolta il protagonista John McClane (Bruce Willis) si trova in Russia alla ricerca del figlio Jack (Jai Courtney), arrestato ma in verità sotto copertura per una missione segreta per conto della CIA.
Sebbene McLane volesse approfittare di questo viaggetto in Russia per prendersi una meritata vacanza dai guai, pare che proprio non riesca a stare lontano da centinaia di proiettili ed inseguimenti adrenalinici.
Bruce Willis l’ha rifatto di nuovo, è impossibile per lui stare lontano dal suo personaggio action più carismatico, quel poliziotto che fra una sparatoria e l’altra riesce a risparmiare la sua vita e a fare battute di spirito.
Difficile non apprezzare l’esplicita ironia del personaggio, che impreca amabilmente ogni livido, o peggio, ferita che gli provocano sulla sua sudicia canottiera bianca, altro simbolo di questo poliziotto-eroe americano schivo del pericolo.
E’ soprattutto questo Die Hard: l’accettazione di una icona immortale, che di fronte alla serietà di temi scottanti come il terrorismo oppure la minaccia nucleare di Chernobyl – come in questo ultimo capitolo – riesce a rispondere al cellulare candidamente alla figlia dicendole che la richiamerà presto perché non è il momento adatto per parlare.
E poi è lo stesso Willis che ha affermato che a lui piace “sfasciare tutto”, e questo Die Hard – Un buon giorno per morire è la summa di macchine che distruggono altri veicoli, vetri che si infrangono e fughe su palazzi alti decine di metri cercando di fuggire ai proiettili di un elicottero super-armato.
Stavolta Mc-Lane è in compagnia del figlio, un ragazzone ben piazzato che ama attenersi al protocollo per completare le sue missioni segrete.
Diverso il padre, che non ha remore nel corrompere un usciere di un palazzo in cui irrompere, oppure rubare una macchina per fuggire allegramente per le strade.
Il siparietto che si crea, che oppone la vecchia scuola a quella nuova più meticolosa, riserva qualche sorriso allo spettatore, intento a non farsi troppo stordire dalle molteplici esplosioni e al fuoco che divampa su tutto il set cinematografico.
Roba da Die-Hard d’altronde. Chiunque voglia cimentarsi in questi novanta minuti dovrà fare i conti con tutto ciò che confà ai film di azione hollywoodiani del 2013: fuoco, fiamme e sempre più disastri ambientali ed urbani per attirare l’attenzione del pubblico americano amante del genere.
Ma la mancanza di una sceneggiatura troppo complessa viene colmata dalla figura di Bruce, che, sebbene stia sull’orlo dei sessanta, ha ancora voglia di cimentarsi in questi copioni finché riuscirà a rimanere in piedi, o perlomeno fino a quando il pubblico continuerà a seguirlo.
La serie di Die-Hard esula dal giudizio critico, ed è un mantra azione-distruzione-evasione che è il massimo per chi ama l’”entertainment all’americana”, fatto di stupore e di tantissimi effetti speciali.
Die Hard – Un buon giorno per morire è ancora più caotico ed esplosivo del precedente capitolo. Tutti gli ingredienti del genere cinematografico adrenalinico sono serviti con una regia ed effetti speciali impeccabili.
Ora che sapete cosa offre il film, a voi la scelta. D’altronde il cinema, come la vita, è bello perché vario.