L’arte è un concetto astratto,  difficile da esaminare e, soprattutto,  intellettualmente anarchico. Un artista, qualsiasi sia il campo in cui opera, è spesso mosso da una ineluttabile ispirazione, che lo porta a dover esprimere tutto il genio che ricolma il suo animo.

Reprimere la creatività è un atto impossibile da accettare per un artista. Questa modalità lo costringe a vivere con una grave mancanza, che si ripercuote inesorabilmente sulla qualità della vita.

Bernadette Fox (Cate Blanchett) è un architetto geniale. Le sue opere sono tutto tranne che prevedibili. Bernadette riesce a creare un ambiente usufruendo anche di materiali riciclabili, imbastendo così uno spazio vitale ricolmo di elementi mai visti prima d’ora e che rendono i suoi progetti unici dal punto vi vista artistico.

Il nome di Bernadette presto viene accostato ai più grandi architetti mondiali, come Renzo Piano e Massimiliano Fuksas. Ma la vita di questa donna così geniale presto cambia in modo dirompente, soprattutto a causa della nascita di sua figlia Bee (Emma Nelson).

UNA VITA SENZA STIMOLI

Quella che era una donna famosa, piena di estro e inventiva ora sembra l’ombra di se stessa. Bernadette ha abbandonato il suo lavoro, non solo per questioni prettamente familiari ma anche per una cocente delusione che, apparentemente, ha spento il fuoco artistico che era in lei.

Il suo carattere molto difficile e schivo non le ha permesso inoltre di coltivare rapporti sociali che potessero allietare la sua vita privata.

Con lo sguardo sempre coperto da due grandi occhiali, la donna guarda il genere umano dall’alto verso il basso e denigra costantemente le poche persone che incrocia sul suo cammino di solitudine, come la vicina Audrey (Kristen Wiig), che invano cerca di approcciare con lei per costruire anche solo un semplice rapporto di vicinato.

Suo marito Elgie (Billy Crudup), le poche volte che sta a casa perché impegnato con un difficile progetto di lavoro per Microsoft, si sta accorgendo come sua moglie stia abbandonando lentamente  la concezione della realtà, in favore di una quotidianità fatta di medicinali per placare l’ansia oppure per regalare qualche ora di sonno durante le nottate in preda all’insonnia.

UN VIAGGIO DI RISCOPERTA

Un giorno Bee, forte della sua pagella che mostra voti perfetti, chiede come premio un viaggio in Antartide durante le festività natalizie. La richiesta, curiosa e destabilizzante per Bernadette, non può ricevere un secco rifiuto, perché deluderebbe l’amata figlia.

Inizia così il training autogeno della protagonista per auto convincersi di essere in grado di gestire questo impegnativo viaggio tra le bianche e ghiacciate lande antartiche.

D’altronde per ritrovare se stessi spesso la cosa ideale da fare è partire e lasciare tutto quello che ci rende sicuri a casa.  Un concetto che Bernadette deve avere bene in mente per non cadere preda delle sue innumerevoli defiance emotive che la rendono una perfetta sociopatica.


UNA PROTAGONISTA CENTRALE NEL FILM

Fin dall’inizio la pellicola, con la voce narrante di Bee che descrive in modo affettuoso e accorato il carattere e le problematiche della madre, mostra in modo chiaro come tutta la sceneggiatura del film ruoti attorno alla donna interpretata da Cate Blanchett.

La cinepresa è fortemente impegnata a mostrare come Bernadette gestisce le sue giornate e quali ostacoli  debba affrontare ogni giorno per evitare i rapporti umani. Il suo atteggiamento scostante potrebbe risultare  antipatico, ma fortunatamente una velata ironia nei suoi modi scongiurano questo giudizio negativo.

Bernadette, quando non è sola, si vuole circondare solo di chi reputa all’altezza del suo enorme ego, come sua figlia, con cui ha sempre instaurato un ottimo rapporto, e il marito Elgie.

Il regista Richard Linklater riesce perfettamente a mostrare il marito e la figlia, sebbene abbiano una parte centrale nella sceneggiatura, come una sorta di “apparizioni” che ruotano attorno alla personalità di Bernadette e alla sua enorme voragine emotiva.

Tutto il film è una disanima accurata del complesso carattere di Bernadette; la donna si esprime con l’ausilio di lunghe scene verbose che descrivono, con il tempo che passa, tutte le turbe che affliggono questa eccezionale architetta.

Le diverse scene in cui la splendida recitazione di Cate Blanchett permette di mettere a nudo in modo dettagliato tutti i suoi dubbi esistenziali, sono architettate come se fossero una lunga seduta di terapia, utile non solo per la crescita del personaggio ma anche per rendere noti gli avvenimenti che hanno decretato il black-out emotivo di Bernadette.

Dove vedere Che fine ha fatto Bernadette?
COMMENTO
Una donna prigioniera della sua vita non più creativa e apparentemente ignara della possibilità di uscire fuori da questo buio tunnel, questo racconta Che fine ha fatto Bernadette. Il film di Richard Linklater ispirato all’omonimo romanzo riesce con successo a raccontare la complessa personalità di Bernadette e la sua esplosiva creatività, che di certo non può restare sopita per molto tempo. Il ritmo del film è lento e si basa sulla rappresentazione di lunghe chiacchierate della donna, sia con sé stessa che con le pochissime persone che hanno la possibilità di accedere alla sua intimità. Per chi ama Cate Blanchett il film è sicuramente consigliato: l’attrice australiana sfoggia tutto il suo talento recitativo con scene che riescono a descrivere tutti lati bui di questa donna, ancora vogliosa di dare sfogo al suo enorme talento. Un racconto cinematografico con un personaggio univoco e centrale, anche se circondato da altri attori di chiara fama come Laurence Fishburne, Judy Greer e Krtisten Wiig. Questi ultimi fungono unicamente da interlocutori con la protagonista, e sono utili affinché riprenda in mano la sua vita.
7.3
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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