Disponibile dall’8 febbraio in prima TV su Sky e in streaming su Now TV, Lei mi parla ancora è una produzione Sky Original diretta da Pupi Avati che racconta di una straordinaria storia d’amore tra Nino (Renato Pozzetto) e Caterina (Stefania Sandrelli).

Sposati da sessantacinque anni, Nino e Caterina condividono sentimenti inattaccabili, che fin dall’inizio della loro storia d’amore hanno illuminato la loro vita e li hanno resi profondamente uniti.

Sebbene Nino viva in un paesino in provincia di Ferrara e Caterina cittadina della vivace città di Roma, la diversità dello stile di vita dei due innamorati non riuscirà a rappresentare un ostacolo alla loro relazione, che si nutre di una reciproca fiducia e, soprattutto, di una visione del futuro scevra da dubbi esistenziali.

Quando Nino, in età avanzata, si accorge che la sua Caterina sta per morire, la sua mente e i suoi ricordi si attaccano strenuamente a ripercorrere tutte le bellissime esperienze che ha vissuto con la moglie, soprattutto quelle in cui erano ancora una coppia di giovani ragazzi che amavano ascoltare musica e ballare.

UN AMORE IMMORTALE

Non è mai facile perdere una persona che si ama e che ha condiviso gran parte della tua vita a fianco a te. Ne è perfettamente cosciente Nino, sebbene riesca, grazie alla magia dei ricordi, a perdersi in una sorta di universo parallelo in cui le reminiscenze si mischiano con il presente  e che hanno la capacità di mitigare il suo dolore.

In questi fotogrammi mentali creati da Nino non è presente solo l’amata Caterina, ma anche Bruno (Alessandro Haber) , il colto fratello della moglie che ha già lasciato questo mondo alcuni anni prima.

Assieme a Bruno Nino può parlare di poesia, ma soprattutto godere delle parole consolatorie del cognato, che già conosce bene cosa significa trapassare e lasciare che l’amore che proviamo per una persona cara debba essere soffocato  dalla morte.

Fuori da questa fervida immaginazione di Nino continua però a esserci la realtà, fatta di un uomo che, attualmente, è rimasto senza l’amata moglie dentro un enorme casale. Sua figlia (Chiara Caselli) avrà l’onere di prendersi cura di lui, e architetterà un efficace piano per distrarre suo padre.

Dal momento che l’uomo ha l’abitudine di evocare gli innumerevoli ricordi della sua felice vita con la moglie, sarebbe ideale che tutti questi accorati e romantici pensieri possano essere fissati su carta, affinché tutti abbiano la possibilità di goderne.

Proprio per questo viene incaricato Amicangelo (Fabrizio Gifuni), un ghostwriter romano d’esperienza, di scrivere un libro sulla loro storia d’amore.

Amicangelo è un uomo profondamente distante da Nino, con alle spalle un divorzio e una figlia che vede troppo poco. Uno scontro tra due vite incredibilmente diverse da cui Amicangelo potrebbe trarre una grande lezione di vita.

UN FILM CHE PARLA DI AMORE

Lei mi parla ancora è un film estremamente romantico, ma che non vuole apparire in alcun modo retorico. La figura di Nino è rappresentata come quella di un uomo sofferente ma discreto, che non si lascia sovrastare dal dolore.

La sofferenza Nino la vive con inappuntabile forza d’animo, ravvisabile soprattutto nella granitica convinzione che la sua Caterina, in un modo o nell’altro, è ancora accanto a lui.

Renato Pozzetto è diretto molto bene da Avati: l’attore italiano riesce con successo a offrire una mimica facciale che riesce a rappresentare la smodata sofferenza dell’uomo,  anche grazie ad un modo di comunicare lento e pieno di pause, perfetto per mostrare lo choc del suo nuovo status di vedovo.

Pozzetto non si lascia andare in grossi pianti ma preferisce mostrare gli occhi ludici, che riflettono ancora di più tutto il suo grande dolore e la consapevolezza che la donna che lo completava non c’è più.

Quando appare Amicangelo a tratti sembra la sua nemesi, vista la sua vita fatta di una relazione naufragata e di una figlia che non vede quasi mai.

Amicangelo non è un personaggio negativo, ma solo un uomo che, forse, non ha avuto la fortuna di incontrare una donna come Caterina. Al di là dei facili fatalismi, lo scrittore sembra anche essere all’oscuro del vero significato dell’amore coniugale, un concetto a cui bisogna dedicarsi con grande costanza.

Il film si divide così tra la raffigurazione delle memorie di Nino, con la presenza della giovane Caterina (Isabella Ragonese) e la realtà fatta di una nuova amicizia con Amicangelo.

Anche Isabella Ragonese appare riuscita nella sue fattezze, con un fisique du role e un sorriso ideale per dare l’impressione di una donna avvenente ma anche dolce e rassicurante.

Dove vedere Lei mi parla ancora
COMMENTO
Una storia d’amore diretta in modo leggiadro e asciutto, questo è Lei mi parla ancora. Il film di Pupi Avati non ha alcuna intenzione di offrire un racconto pieno di dettagli e romanticherie tipiche di produzioni che spingono gli spettatori a consumare decine di fazzoletti per asciugare lacrime di commozione. Pupi Avati in questo film ha voluto dare grande rilevanza ai ricordi di Nino, immersi in un’atmosfera quasi fantastica e a tratti teatrale, dove compaiono e scompaiono persone care a Nino oramai decedute. Da citare soprattutto la figura di Alessandro Haber, un’anima che ristora il dolore di Nino mettendolo di fronte, con decisione ma anche delicatezza, alla realtà dei fatti. Questi personaggi riescono a essere credibili anche se immaginari, completamente calati in uno spazio senza tempo che il film riesce a tratteggiare con successo. Visto che i ricordi di Nino sono sostanzialmente quelli da giovane, l’occasione è ideale per evocare l’infinita bellezza della gioventù, fatta di canzoni che provenivano da dischi in vinile e dalla sincera voglia di stare assieme con i propri amici. Un collage cinematografico di emozioni e sensazioni riuscite, che però allo stesso tempo rinunciano a dare maggiore spazio al rapporto con Amicangelo, che è descritto e rappresentato fin troppo superficialmente. Lei mi parla ancora risulta essere un film gradevole e delicato, risultando un riuscito inno all’amore poetico e la dolcezza dei ricordi. Purtroppo però la sceneggiatura predilige eccessivamente la rappresentazione dei viaggi mentali di Nino, a discapito di altri avvenimenti che potevano essere approfonditi maggiormente durante i novanta minuti di visione.
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Dopo la visione di “Grosso Guaio a Chinatown” a 10 anni, la mia più grande passione è diventata il cinema. Poco dopo gli adorati schiacciapensieri vengono surclassati dall'arrivo di un computer di nome “ZX Spectrum”. Scatta così l’amore per i videogiochi e la tecnologia. E le serie TV? Quelle ci sono sempre state, da "Il mio amico Arnold" fino a "Happy Days".
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