Il Gameboy compie 30 anni: il videogioco nel 1989 diventava portatile e cambiava il nostro modo di giocare

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Siamo in Giappone, l’anno è il 1989. Nasce una rivoluzione nel mondo delle console. Le macchine per “giocare ai videogiochi” in casa in quegli anni già erano una realtà acclamata, con il Nes ed il Master System che impazzavano nelle piccole stanze degli appassionati giapponesi. In Europa ancora si respirava l’egemonia di Commodore e dei personal computer che facevano tutto, ma erano specializzati sopratutto in videogames.

Ma il 19 aprile nella terra degli OAV e di Gundam esce un nuovo prodotto. Sempre una console, ma dotata di una caratteristica finora propria solo dei “Game & Watch” (i nostrani “schiacciapensieri”): la portabilità.

Si chiamava Gameboy e permetteva di portare ovunque il videogioco. Non era proprio come gli adorabili ma limitati schiacciapensieri: questa scatoletta color grigio topo aveva la possibilità di montare delle cartucce. In pratica: ogni videogioco era diverso, proprio come succedeva con il Nes.

Il videogiocatore a questo punto prende le ali e assapora la libertà di godere del suo passatempo elettronico preferito ovunque lui voglia.

I pic-nic diventano anche piccole sale-giochi organizzate con gli amici, con bambini ed adulti che gareggiano a suon di top-score oppure sfruttando il semplice collegamento con un filo che permetteva a due console di interfacciare il medesimo gioco e creare così una divertente sessione multiplayer.

Il Gameboy aveva una grafica monocromatica ed un sonoro semplice: ma proprio come succedeva per lo Spectrum, con cui condivideva la monocromia e l’affetto degli sviluppatori pur essendo un personal computer, ogni programmatore faceva a gara per creare quella conversione ad hoc che potesse esaltare la giocabilità dei prodotti destinati all’handheld Nintendo.

E poi il Gameboy aveva una grande peculiarità, quella che fa la differenza tra il successo o meno di un portatile: la durata delle batterie. Poche stilo permettevano svariate ore di gioco, a differenza delle future console a colori portatili che arrivarono successimente sul mercato. Nintendo aveva già capito tutto all’epoca.

Il videogioco insomma si fa autonomo e cammina anche fuori dalla stanza dell’appassionato. La visione del creatore del Gameboy Gunpei Yokoi, scomparso troppo presto da questa terra, ebbe un impatto notevole sulle masse. Nella confezione della console veniva regalato un piccolo ma grande puzzle-game dal nome Tetris.

Un’accoppiata vincente che diede nuovo lustro alla parola “killer-application”, ovvero un prodotto videoludico che, da solo, faceva vendere grandi quantità di console. Il videogioco, che già si ergeva pop nelle sale giochi in cui veneravano il fumo da sigaretta e le accese competizioni multigiocatore, trova un suo alleato anche fuori da quelle stanze fumose e poco salubri.

Ora anche giocare ai videogiochi permetteva di abbronzarsi in spiaggia. Le gote dei giocatori, mentre erano presi dall’ennesimo livello di Mario Bros. oppure l’ostico dungeon di The Legend of Zelda, contemporaneamente si arrossavano baciate dai raggi solari. Anche perché senza luce non si poteva vedere nulla sullo schermo. La retroilluminazione venne alcuni anni dopo nei portatili Nintendo con il Gameboy Advance SP.

Le mamme non erano più preoccupate che i loro figli innamorati dei videogiochi, quarantenni odierni, fossero privi della vitamina D elargita dai raggi solari: “tesoro vai a giocare in spiaggia, portati il Gameboy, che almeno prendi un po’ di sole!”, diceva la mamma saggia e con buon senso. Perfetto, la questione era risolta. La console nella cameretta con il televisore da 14 pollici, almeno nei mesi primaverili ed estivi, prendeva polvere.

Tutto questo grazie al Gameboy e all’inedito concetto di videogioco in tasca. Ancora prima di Netflix, dello streaming e del concetto di medium “liquido”, Nintendo aveva sdoganato l’immobilità del giocatore ed invitava a fruire dei videogames anche assieme agli amici, in classe oppure ad una festa. Insomma, i videogames da quel 19 aprile 1989 erano parte delle nostre vite in qualsiasi momento volessimo.