Dolor y Gloria potrebbe essere un testamento cinematografico, se non fosse che Almodovar è ancora troppo giovane e, soprattutto, creativamente produttivo. Sono suoi, infatti, il soggetto, la sceneggiatura e la regia.
È subito chiaro che il protagonista, Salvador Mallo, interpreta l’alter ego del regista; molti saranno i rimandi meta cinematografici della pellicola, fino al finale che chiuderà il percorso della vita. Mallo si presenta direttamente allo spettatore, elencando i suoi molti malanni, fisici e mentali.
Vediamo sullo schermo il suo presente da cineasta in declino, alternato a flashback che narrano la sua infanzia in una poverissima zona della provincia di Valencia, e che sono l’occasione per narrare l’amore incondizionato verso la madre ed il suo primo oggetto di attrazione sessuale maschile.
Sul piano temporale presente una serie di fortuite coincidenze (qualcuna un po’ irrealistica), portano Salvador a confrontarsi con il ricordo del suo più grande amore e con le persone che lo hanno accompagnato all’apice della sua carriera, fino ad affrontare il dolore per la morte di sua madre.
Per decodificare completamente il testo filmico, allo spettatore occorre conoscere la filmografia di Almodovar, poiché molte sono le informazioni che si danno per scontate.
Chi è la donna che accompagna fedelmente Salvador nella sua via crucis sanitaria?
Lo spettatore è chiamato a ricorrere alle conoscenze biografiche del regista, sul suo orientamento sessuale e sul ruolo di alcune attrici, nonché amiche, nella sua vita.
TUTTO SULLA MADRE DI SALVADOR
In entrambi i due piani temporali, la madre emerge come il personaggio principale che muove l’azione tramite le emozioni ed i sentimenti che suscita in Salvador, ora bambino, ora adulto.
La protagonista del tempo passato è una classica Penelope Cruz in un ruolo che le è stato richiesto di interpretare più e più volte, sia nel cinema di Almodovar che in altre filmografie (pensiamo a Todos lo saben di Asghar Farhadi).
Questa è una donna forte e tenace, dalla bellezza diméntica di sé, pronta al sacrificio per i figli ma senza alcuna velleità di eroismo. Come sempre nei film di Almodovar, la figura paterna è assente o, comunque, inefficace.
NIENTE SESSO, SIAMO SPAGNOLI!
Stupisce l’assenza, o quasi, di tensione erotica che, invece, è sempre dominante nel cinema del regista.
Abbiamo l’unica scena in cui un giovane Eduardo (l’incisivo debuttante Cèsar Vicente), suscita il primo desiderio del protagonista: questa è la sola concessione che il film fa alla bellezza maschile e all’erotismo in generale.
La scena ci riporta immediatamente ai tanti sensuali personaggi maschili dell’Almodovar dei tempi degli attori Javier Bardem e Antonio Banderas. Nel piano del presente, il sesso viene rifiutato e perde il carattere consolatorio che sempre aveva mostrato nel suo cinema.
MONTAGGIO E RECITAZIONE
L’interpretazione di un Banderas a stento riconoscibile è molto particolare: invecchiato per la pellicola e molto contenuto nell’interpretazione di un personaggio dal passato grintoso, risulta estremamente convincente.
Credibile Asier Etxeandìa nel ruolo difficile e contraddittorio di un attore tossicodipendente. Molto contenuta ed efficace l’interpretazione che Leonardo Sbaraglia fa di Federico, un grande amore del protagonista, che ha ritrovato in tempi in cui grandi sentimenti non se ne provano più. Nel complesso si avverte la sintonia in cui il cast ha lavorato.
L’unico neo della pellicola è un montaggio inizialmente incalzante, ma che poi rallenta fino ad assumere dei ritmi adatti ad uno script più intimistico.
Da segnalare anche che Dolor y Gloria si avvale anche di efficaci animazioni computerizzate per illustrare il malessere psicofisico del regista.