In uscita il 27 ottobre su Netflix, Pain Hustlers – Il business del dolore è il titolo autunnale di punta del famoso palinsesto streaming, perché annovera nel cast un duo di protagonisti d’eccezione: Emily Blunt e Chris Evans.
Diretto da David Yates (che conosciamo soprattutto per aver diretto film fantasy, da Harry Potter ad Animali fantastici e dove trovarli), Pain Hustlers concentra la sua storia sulla figura di Liza Drake (Emily Blunt), una madre single disperata perché non riesce a trovare un lavoro che possa offrirle un introito economico soddisfacente.
Liza ha bisogno di soldi, anche perché la figlia adolescente Phoebe (Chloe Coleman) ha problemi di salute che per essere risolti definitivamente impongono di affrontare una costosa operazione.
Un giorno Liza, mentre è intenta a guadagnare pochi dollari ballando mezza nuda in un locale, incontra Pete (Chris Evans), un rappresentante delle vendite farmaceutiche che sta cercando di risollevare le sorti finanziarie della start-up per cui lavora.
Le poche chiacchiere che Liza scambia con Pete saranno fondamentali per dimostrare all’uomo come le capacità dialettiche della donna e le sue innate doti affabulatorie siano caratteristiche ideali per eccellere nel lavoro di rappresentante farmaceutica.
Inizia così e in modo inaspettato una nuova esperienza lavorativa per Liza, che potrebbe assicurarle una vita non più da indigente ma da facoltosa donna di successo.
UN SOGGETTO CINEMATOGRAFICO SERIO?
Il primo teaser trailer rilasciato lo scorso settembre di Pain Hustlers mostrava scene caratterizzate da un montaggio concitato, che presagivano inoltre una direzione narrativa pregna di una certa ironia.
Caratteristiche cinematografiche che in parte mancano nel film di David Yates, che racconta soprattutto la storia di questa casa farmaceutica intenta a lanciare sul mercato un nuovo e potente antidolorifico destinato ai malati oncologici.
L’entrata in scena di Emily Blunt permette di conoscere i retroscena finanziari che coinvolgono questa start-up e tutte le numerose modalità che implicano la messa in commercio di un nuovo farmaco.
Attraverso la visione del film gli spettatori conosceranno come siano di primaria importanza, affinché un medicinale abbia successo, la presenza di medici che lo prescrivano ai propri pazienti attraverso le canoniche ricette mediche.
Il primo step da affrontare per far sì che un farmaco divenga famoso è convincere dunque una gran numero di medici ad adottare nella loro agenda farmaceutica quel tipo di prodotto.
Quello che Pain Hustlers mostra in modo esplicito è la gestione di quest’opera di convincimento. Sarà proprio Liza ad avvicinare questi dottori e cercare di renderli partecipi dell’uso del loro fenomenale prodotto che promette di cancellare il dolore senza troppe reazioni avverse.
L’INIZIO DEL SUCCESSO PERSONALE
Sebbene agli inizi il lavoro di Liza sembra andare a rilento, dopo un avvenimento fortuito la donna riesce a convincere il primo dottore a usare questo antidolorifico e così prescriverlo ai suoi numerosi malati di cancro.
Questo avvenimento darà inizio all’ascesa professionale di Liza, che si sente per la prima volta nella sua vita inebriata dal successo lavorativo, che le può permettere finalmente di giovare di un conto bancario prospero.
Quando il personaggio interpretato da Emily Blunt diventa un elemento di spicco nell’azienda farmaceutica, la sceneggiatura inizia a mostrare tutto il marcio che vi è dietro il modus operandi di questa start-up e, soprattutto, gli effetti nefasti che l’assunzione reiterata del farmaco provoca.
Rivelazioni che avranno ripercussioni morali non indifferenti per Liza, che dovrà giocoforza rivalutare il suo ruolo in tutta questa faccenda.
Proprio mentre la donna tocca le vette del successo, il racconto cinematografico è intenzionato a mostrare alcune scene che denunciano come la smodata ricchezza vada di pari passo spesso con l’amoralità e la sfrenata dissolutezza.
Siparietti cinematografici che, sebbene espliciti e a tratti stomachevoli, non hanno però la stessa incredibile potenza scenica che trovammo, per esempio, nel ragguardevole The Wolf of Wall Street firmato da Martin Scorsese, dove l’eccesso andava a braccetto con una concezione narrativa puramente ironica.
Ironia che, a conti fatti, manca nel film di Yates, che non rinuncia a dare una sfumatura, volatile ma considerevole, drammatica alle vicende che coinvolgeranno il personaggio interpretato da Emily Blunt.
UN FILM COSTRUITO ATTORNO A DUE ATTORI, ANZI TRE
Oltre a raccontare con dovizia di particolari come il racket farmaceutico sia una questione estremamente seria e da non sottovalutare, l’intento di Pain Hustlers è quello di dare rilevanza in primis alla presenza scenica di Emily Blunt e Chris Evans, che riescono con successo a donare ai loro personaggi il giusto spessore morale e psicologico.
Liza appare come una donna risoluta ma da troppo tempo in balia di una vita che non riesce a mostrarle una effettiva strada per intraprendere una vera realizzazione, mentre Pete è un uomo immorale che è ben conscio delle sue azioni ma che in nome del successo è pronto a compiere gesti scellerati.
La figura di Liza è dunque quella di una donna stanca di cercare di sanare i suoi debiti finanziari e che inizialmente ignora tutti i luridi meccanismi imprenditoriali che sottostanno alla conquista del successo commerciale nell’ambito farmaceutico.
Oltre a loro due emerge anche Jack Neel (Andy García), il capo di questo impero farmacologico che appare dapprima solamente come un soggetto bislacco ma che, in verità, ha tutti i crismi per essere definito un uomo privo di benevolenza e innamorato perdutamente del potere.
Sebbene le apparizioni di Jack non siano poi così numerose all’interno del film, la caratterizzazione del suo personaggio appare comunque degna di nota e convincente, grazie soprattutto alle doti attoriali di Andy García.