Il nuovo episodio di Black Mirror ha superato sicuramente se stesso. Da quando i diritti della serie televisiva, composta inizialmente da tre soli episodi nel 2012, sono stati comprati da Netflix nel 2015, ogni nuova stagione rappresenta una gradita sorpresa per i fan della serie.
Il successo di questa fiction è sicuramente l’idea di creare ogni episodio come una storia a sé, che ha come protagonisti personaggi sempre differenti. Il filone che li accomuna è l’incessante radicalizzazione della tecnologia all’interno della società, che modella in maniera subdola la nostra quotidianità ed il modo di relazionarsi.
Gli sceneggiatori della serie si sono chiesti quale potrebbero essere le conseguenze dell’assuefazione di tali tecnologie e, soprattutto, come reagirebbe la società defraudata dai sentimenti umani ormai obsoleti perché soppiantati dalle fredde macchine.
In Bandersnatch il gioco si fa duro, e non è un modo di dire, perché questa volta a pilotare lo svolgimento della storia sarà proprio il pubblico (o almeno così sembra). Avete capito bene: siamo di fronte ad un film interattivo in cui l’utente può decidere, di fronte ad una duplice opzione, quale scelta far intraprendere al protagonista. Optare per quali cereali mangiare a colazione oppure scegliere una traccia musicale invece di un’altra rappresenteranno alcune delle possibilità più comuni.
I MITICI ANNI ‘80
L’ambientazione è datata 1984, un periodo in cui il mercato dei videogiochi casalingo era rappresentato da personal computer come il Commodore 64 e lo Spectrum di Sinclair.
Proprio lo Spectrum , dotato di 48k di memoria, è la piattaforma su cui verrà programmato l’oscuro videogioco di questo episodio.
In questo clima si fa strada il protagonista di Bandersnatch, Stefan Butler, un ragazzo che ha perso la mamma e che vive solo col padre in un rapporto fatto di silenzi e frasi in sospeso, di domande senza risposte e di un conflitto interiore sopito da tempo che si destreggia tra sensi di colpa e rabbia.
Stefan cercherà di esorcizzare i suoi demoni interiori tramite la creazione di un videogioco (appunto Bandersnatch), che prende spunto da un libro omonimo appartenuto alla madre defunta.
NON E’ UN LIBROGAME
Durante gli anni ottanta uscirono alcuni romanzi di fantasia chiamati librigame, in cui l’avventura era una storia a bivi con la possibilità di poter scegliere diversi percorsi da far intraprendere ai protagonisti e giungere così a diversi finali.
Bandersnatch è la prima fiction televisiva costruita con un intreccio interattivo: il plot non segue una linea narrativa unica ma si dipana in una ramificazione intricata di percorsi che portano a vari finali (ufficialmente Netflix ne dichiara cinque).
L’intero episodio, sommando tutte le biforcazioni, raggiunge i 312 minuti complessivi. Se si è caparbi giocatori abituati a vivere il mondo videoludico, ci si può intrattenere anche per giorni cercando di svelare le molteplici conclusioni, che nascondono addirittura una scena segreta che porterebbe ad un sesto epilogo nascosto.
IL LIBERO ARBITRIO NON ESISTE
La tematica che viene esaltata dal plot e che rappresenta l’unico vero filo di Arianna è il libero arbitrio. Tutti ormai sappiamo che la società ha creato una rete di condizioni che ci incanalano in scelte che a noi sembrano libere, ma che sono state perfettamente studiate; pensiamo ad esempio alla disposizione degli alimenti nei supermercati, senza contare gli spot pubblicitari che contengono vari messaggi subliminali.
In Bandersnatch gli sceneggiatori si sono divertiti con il pubblico a creare quella falsa idea di libero arbitrio che ci costringe a prendere certe decisioni invece di altre. Anche il personaggio di Stefan si ritrova pilotato nelle sue scelte, ed effettivamente è così: siamo noi del pubblico a decidere per lui!
In questo gioco di scatole cinesi disposte una dentro l’altra, a dominare il tutto è la piattaforma Netflix che compare meta testualmente come il monolito di 2001 odissea nello spazio a fare da “Dio” assoluto dello script.
Come in una matrioska infinita, si procede fino al cuore della storia quando ci si rende conto di aver a che fare con un discorso metafisico complesso che innesca un loop narrativo nel quale si resta bloccati come un insetto nella tela di un ragno.
Esperimento sicuramente riuscito per il vasto pubblico, forse un po’ meno per i videogiocatori già ampiamente abituati a metatesti e ramificazioni di scelte che compaiono nei videogiochi moderni.
Nel complesso è una esperienza sicuramente da consigliare, magari in compagnia di amici per condividere e confrontarsi meglio, e far fluire così anche un discreto dibattito sui massimi sistemi e le importanti scelte di vita.